Arrivato al pronto soccorso del Cardarelli il 29 settembre con un blocco intestinale, vi è rimasto qualche giorno, fino a quando è stato ricoverato in medicina dove è deceduto ieri mattina. I familiari di un 74enne di Campobasso, sgomenti, pensano a una denuncia. Hanno la sensazione che non sia stato seguito efficacemente nel reparto di emergenza. «Lo hanno trascurato», si sfoga un suo congiunto che ha contattato la redazione per raccontare quanto accaduto.
Il primario, raggiunto al telefono da Primo Piano, spiega che le condizioni dell’uomo erano «molto serie, critiche» quando è giunto venerdì sera trasportato dal 118 e che «è stato fatto tutto quel che in pronto soccorso è possibile fare».
Il cognato di Giuseppe (un nome di fantasia per tutelare la privacy di una persona malata e che non c’è più) non si dà pace. «È rimasto bloccato cinque giorni in pronto soccorso, a parte una Tac addominale non sono stati effettuati altri esami», aggiunge. «Era lì, nel corridoio e poi gli hanno dato una stanzetta. Ma nonostante noi sollecitassimo accertamenti diagnostici che aiutassero a capire cos’aveva e come intervenire, gli hanno fatto solo la Tac. Non la colonscopia, l’hanno programmata e non effettuata con urgenza. E a un certo punto pensavano di dimetterlo. Pensi, aveva il catetere, la flebo…».
Il paziente poi non è stato dimesso e, anzi, ricoverato in medicina. «Il 4 ottobre, il giorno di San Francesco… mi perdoni, sono frastornato e magari qualche cosa mi sfugge o non è precisa…», ricostruisce il cognato.
L’uomo è morto ieri mattina. Un esito che i familiari non immaginavano. E questo acuisce la tensione, accentua la voglia di sapere perché, se è un caso di malasanità. Il cognato è convinto: «Si poteva salvare».
Tensione che comunque ha accompagnato, in crescendo, tutta la degenza del 74enne scomparso. I parenti hanno cercato anche altri pareri medici. «Per questo dico che poteva essere salvato. Sono addolorato e amareggiato. Abbiamo intenzione di presentare una denuncia, per formalizzarla naturalmente dovrò parlare con le figlie, la moglie. Ma vorrei che fosse fatta luce su quello che è successo. Perché noi sappiamo solo che mio cognato – prosegue il racconto – è arrivato in ospedale il 29 settembre e ieri mattina è morto. Pensi che sono passato a medicina poco dopo le 8, ero al Cardarelli per un’altra faccenda e pensavo di salutarlo, vedere come stava. Non mi hanno fatto entrare, dicendo che i medici dovevano visitare. Il tempo di sbrigare l’incombenza per cui ero a Tappino e rientrare a casa e mia moglie mi ha detto che (Giuseppe, ndr) era morto».
Il 74enne è arrivato al pronto soccorso in ambulanza la sera del 29 settembre, intorno alle 20, con un blocco intestinale, a cui poi si è aggiunto quello della vescica. Le sue condizioni, spiega il dottor Nicola Rocchia «erano molto serie, critiche. Sono stati effettuati i primi esami e una Tac addominale. Aveva una polmonite e abbiamo subito avviato il trattamento». Nel frattempo, è stata chiesta la consulenza del chirurgo che, riferisce il primario dell’unità d’emergenza, non ha prescritto il ricovero nel suo reparto. «Abbiamo richiesto la colonscopia e si era pensato alle dimissioni perché potesse fare a casa la preparazione. Ma poi i familiari mi hanno segnalato un altro problema (di salute, ndr) del loro congiunto e ho ritenuto fosse meglio trattenerlo in ospedale. L’ho fatto sistemare in una stanza e abbiamo aspettato che si liberasse il posto letto in medicina dove è andato il 3 ottobre. Quello che posso dire – conclude Rocchia – è che per il paziente è stato fatto tutto quel che in pronto soccorso è possibile fare».
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