Meno di due mesi di tempo per far fruttare i fondi assegnati dal governo al Molise per il recupero delle liste di attesa. È il tempo che ha a disposizione il direttore generale dell’Asrem Giovanni Di Santo a cui ieri i commissari della sanità Marco Bonamico e Ulisse Di Giacomo hanno dato mandato di individuare le prestazioni con un arretrato più preoccupante e acquistarle dai privati accreditati, sia i centri a gestione di via Petrella sia Gemelli e Neuromed che per il resto sono contrattualizzati dalla Regione.
Il decreto, annunciato martedì in Aula dal governatore Francesco Roberti, quantifica anche le risorse a disposizione del dg: 1,7 milioni (pari allo 0,3% del fondo sanitario indistinto individuato sul dato storico del 2022 poiché per il 2023 non è stato ancora definito l’importo).
La scelta di ricorrere ai centri convenzionati per evadere visite ed esami che il servizio sanitario pubblico non riesce ad assicurare entro i termini previsti fu autorizzata con la legge di bilancio approvata nel 2021. «Per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 276, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono coinvolgere anche le strutture private accreditate», stabilisce il comma 277 dell’articolo 1 di quella finanziaria per garantire la piena attuazione del piano di governo delle liste di attesa. Allora c’era da recuperare le prestazioni non erogate dalle strutture pubbliche e private a causa dell’emergenza Covid. Rispetto al periodo pandemico, ha messo nero su bianco l’Asrem due volte (ad agosto e a settembre), «non vi sono ulteriori prestazioni da recuperare». Tutto ok dunque? Non proprio. Il problema, un grosso problema, sono le liste d’attesa definite “correnti” nelle note dell’azienda ai commissari.
Bonamico e Di Giacomo rilevano infatti nel decreto che «in relazione ad alcune prestazioni di specialistica ambulatoriale si registrano tempi di attesa eccessivamente dilatati e comunque eccedenti il limite previsto dalle diverse priorità richieste dal medico proscrittore». Lo sanno bene, fra gli altri, i tanti pazienti che hanno prenotato Tac o risonanze al Cardarelli, dove i tempi medi di attesa sono di 7-8 mesi nonostante l’indicazione della classe di priorità “urgente”.
L’arretrato non Covid ma “corrente” lo ha quantificato il presidente della Regione durante la seduta di Palazzo D’Aimmo (intervenendo sulla mozione di Greco, Primiani, Gravina e Romano che è stata poi approvata all’unanimità): le prestazioni inevase in quattro anni, da quando cioè è stato affidato l’appalto del Cup unico sono 60mila. In molti casi, probabilmente, gli utenti hanno fatto ricorso al privato per la visita o l’esame di diagnostica. Per quantificare “il danno” e trovare soluzioni alle tante cose che nel Cup non funzionano a dovere il direttore dell’azienda ha nominato una cabina di regia (ne fanno parte medici della direzione sanitaria e i dirigenti informatici).
Oltre alla cabina di regia, c’è bisogno di azioni straordinarie. Al dg Di Santo e all’Asrem, dunque, il mandato di «individuare le prestazioni per le quali risulti più urgente abbattere i tempi di attesa attraverso l’acquisto di prestazioni aggiuntive da privato accreditato e contrattualizzato per l’anno 2023». Sarà sempre Di Santo a firmare i contratti con cliniche, laboratori e centri convenzionati, contratti che avranno validità fino al 31 dicembre 2023 (perché l’utilizzo di parte del fondo sanitario per recuperare le prestazioni non erogate è stato prorogato fino a quella data).
ritai