L’Asrem dichiara guerra ai leoni da tastiera, al dileggio facile e alla mala informazione. Via Petrella, per dirla semplice, si tutela. Adesso nel suo ufficio legale interno c’è un avvocato che ha un incarico preciso: «Intraprendere le necessarie azioni giudiziarie nei riguardi di tutti coloro che offendano o ledano la dignità e l’immagine dell’Amministrazione stessa e del suo management ovvero dei dirigenti aziendali, con comportamenti tali da configurare anche ingiustificato allarme pubblico e/o sociale».
È il dispositivo della delibera 923 firmata ieri dal direttore generale Giovanni Di Santo e dai direttori sanitario e amministrativo, Bruno Carabellese e Grazia Matarante.
Beninteso, l’avvocato Alfredo Iadanza (è lui il dipendente dell’azienda a cui è affidato questo compito) agirà su «specifica segnalazione da parte della direzione aziendale Asrem» e quando ricorrano i «relativi presupposti giuridici».
I naviganti comunque sono avvisati. E l’utilizzo del linguaggio marittimo non è un caso: molto spesso è sui social che avviene ciò che l’Asrem nella delibera contesta, vale a dire la lesione dell’immagine dell’ente e di chi lo rappresenta. Dare, invece, notizia di un caso di presunta mala sanità o di disservizi negli ospedali e negli ambulatori non è, né mai potrebbe diventare, offesa o lesione della dignità. Si chiama, infatti, informazione.
Il diritto all’immagine, ricostruisce la delibera di Di Santo, è tutelato dalla Costituzione, da qui discende l’esigenza di farlo rispettare, insieme al «buon nome aziendale», nell’ipotesi «di atti e/o comportamenti volti indebitamente a deturpare l’immagine della Asrem, contestandone proprio il carattere di imparzialità, trasparenza ed economicità della sua azione, in questo modo facendo ingiustamente diminuire la fiducia presso l’utenza nella sua capacità di curare adeguatamente i pubblici interessi e garantire, quindi, il diritto alla salute ex articolo 32 della Costituzione cui essa è preposta».
Non si discute «il diritto di critica, di cronaca o censura previsto dall’articolo 21 della Costituzione, ma «deve in ogni caso adeguatamente bilanciarsi con la tutela dell’onore, della reputazione e del decoro della Pubblica amministrazione ex articoli 97 e 98 della Costituzione». E si deve ritenere superato (il diritto di cronaca, critica e censura) «ove si attribuiscono all’impresa datoriale o ad i suoi rappresentanti/dirigenti qualità apertamente disonorevoli, con riferimenti volgari ed infamanti, e tali da suscitare dispregio e dileggio, ovvero si rendano affermazioni ingiuriose ed infamanti, con l’addebito di condotte riprovevoli o moralmente censurabili se non addirittura integranti gli estremi di un reato, oppure anche ove la manifestazione di pensiero trasmodi in attacchi puramente offensivi della persona (Asrem ovvero management/dirigenti aziendali) presa di mira o, infine, azioni/omissioni non rispondenti al vero, tali da determinare ingiustificato allarme pubblico e/o sociale». r.i.