Parte dal presupposto che le lunghe liste di attesa nella sanità pubblica rappresentano una «criticità che coinvolge tutte le regioni». Il dg Asrem Giovanni Di Santo però rivendica il grande lavoro di squadra portato avanti fin dal suo insediamento, a settembre scorso, per abbattere l’arretrato accumulato in questi anni.
«L’Asrem – riassume Di Santo a Primo Piano –, in sintonia e in sinergia con la struttura commissariale e la direzione generale Salute della Regione, ha messo in campo un corposo piano di abbattimento delle liste d’attesa per garantire ai molisani certezza e sicurezza delle cure». In particolare, «grazie al lavoro alacre e incessante della cabina di regia, che abbiamo istituito a inizio ottobre, abbiamo provveduto a focalizzare l’attenzione sul rispetto dei “codici di priorità”, soprattutto per le prestazioni “tempo dipendenti” che condizionano il buon esito di un percorso clinico; ad attivare “percorsi di tutela” che garantiscano al cittadino di ottenere le prestazioni nei tempi previsti; a bilanciare l’attività erogata in forma istituzionale con quella libero professionale (a pagamento) fino a bloccare questa seconda attività nel rispetto della normativa vigente». Si tratta delle prestazioni erogate in intramoenia: la legge prevede che se un medico effettua dieci visite in forma istituzionale (quindi gratuita, a carico del servizio sanitario nazionale per il paziente) non possa, per esempio, effettuarne 20 in intramoenia.
Accanto e a supporto di questa riorganizzazione del sistema, prosegue Di Santo, la direzione strategica ha adottato alcune misure operative. Fra queste, l’acquisto di attrezzature innovative, il reclutamento di vari profili professionali e l’inserimento del software per il recall automatico dotato di Intelligenza artificiale che consente di effettuare fino a 2.000 chiamate al giorno e riallocare le richieste. Infine, la riorganizzazione delle agende «condivise anche col privato accreditato per realizzare concretamente il Cup unico regionale».
Infine, il manager allarga il ragionamento a quello che secondo lui è il problema di fondo. «Dal 1978, quando su istituito il servizio sanitario nazionale, ad oggi i bisogni di salute sono completamente diversi e le tecnologie hanno compiuto un balzo in avanti. Manca una visione strategica, una programmazione razionale e in sintonia con gli attuali bisogni. Per non parlare della riorganizzazione degli ospedali anche in ragione della carenza di risorse umane e della mancata integrazione ospedale-territorio. Ecco, credo che come accadde 45 anni fa serva un nuovo progetto. Per salvare il Ssn e non abbandonarlo a una deriva senza futuro bisogna mettere assieme le energie positive che gli attori istituzionali coinvolti possono esprimere ed elaborare un nuovo grande progetto», conclude.