La fuga dei medici italiani dal Servizio sanitario nazionale (e regionale) è ormai un’emergenza permanente. La Federazione degli ordini professionali (Fnomceo) ha voluto andare a fondo alle cause che il rapporto elaborato dal Censis sintetizza in maniera evidente: stipendi bassi, che nel tempo sono anche diminuiti in termini reali, e condizioni di lavoro proibitive.
Per queste ragioni, principalmente, spesso i concorsi dell’azienda sanitaria regionale del Molise – e non solo di quella – vanno deserti o attirano un numero esiguo di professionisti rispetto alle carenze da colmare. Con tutte le immaginabili conseguenze per i pochi colleghi che sono in servizio nei reparti degli ospedali pubblici.
«Una componente essenziale dell’attrattività di un settore economico è la retribuzione che, nel caso dei medici nel Servizio sanitario, nel tempo è stata progressivamente meno allettante. A queste, si sono aggiunte due fondamentali ragioni di perdita di attrattività per i medici: contesti di lavoro diventati via via più ostici, anche con l’inedito fenomeno dell’ostilità dura di pazienti e relativi familiari, e retribuzioni inadeguate e addirittura decrescenti nel tempo», si legge fra le altre cose nel Rapporto Fnomceo-Censis dello scorso 11 luglio. In questo scenario nazionale, a subire tagli netti di personale medico permanente sono praticamente tutte le regioni meridionali con valori che oscillano dal -21,1% in Molise, e -19,6% in Basilicata, a -3,2% in Sardegna, con l’eccezione della Puglia (+2,6) e dell’Abruzzo (+0,7) in controtendenza rispetto al trend meridionale. Riguardo invece alle spese per il personale sanitario, in particolare per i dirigenti medici, emerge che contrazioni del valore nominale si sono registrate nel decennio 2012-2022 in Molise (-25,8%), Basilicata (-11,4%), Calabria (-8,6%), Liguria (-4,5%), Campania (-4%), Sicilia (-3,1%), Piemonte (-2,1%), e Sardegna (-0,6%).
Uno scenario che di per sé già preoccupa. E a cui si aggiunge la “minaccia” di proteste di piazza lanciata dall’Anaao due giorni fa: il rinnovo del contratto, ha denunciato il sindacato dei medici, prevede aumenti lontanissimi dal tasso di inflazione. «Il che vuol dire condannare all’impoverimento progressivo categorie professionali chiamate a garantire diritti costituzionali».