Il decreto sul taglio delle liste d’attesa è ormai legge dello Stato. Cosa cambia? La domanda viene naturale. Anche se il ministro della Salute Orazio Schillaci ha già messo le mani avanti: i risultati, ha detto, si vedranno in autunno.
Tra le norme definitivamente approvate dal Parlamento mercoledì scorso, c’è quella ribattezzata “salta-fila” che punta a garantire visite ed esami entro le scadenze di legge (72 ore, dieci, 30 o 60 giorni in base alle classi di priorità). Se al momento della prenotazione non c’è posto nell’ospedale o nell’ambulatorio pubblico (entro i termini stabiliti), l’Asl dovrà assicurare la prestazione presso una struttura privata accreditata oppure all’interno delle proprie strutture ricorrendo alla libera professione dei medici (la cosiddetta intramoenia). Il paziente pagherà il ticket ma non verserà altri costi aggiuntivi.
Una garanzia per gli utenti che, si può immaginare al momento, sarà frequente. Sia dal monitoraggio di Cittadinanzattiva sia da quello dell’Osservatorio Welfare & Salute per il Sole 24 Ore, emergono infatti molte difficoltà nel rispetto dei tempi di legge: nella Asl Roma 4, ad esempio, solo il 17,8% delle ecografie all’addome si fanno entro i 10 giorni massimi di attesa; nella Marche meno della metà delle mammografie è garantito nei 4 mesi previsti; nella Asl Napoli 1 Centro appena il 14% delle visite oncologiche è erogato in 10 giorni. Solo per citare alcuni esempi elencati da Repubblica.it.
Altra novità rilevante: la legge varata il 24 luglio prevede la possibilità di estendere al sabato e alla domenica le visite e gli esami nelle strutture del Servizio sanitario nazionale (cosa che in alcuni centri privati anche in Molise già avviene) e anche di prolungare le fasce orarie in cui è possibile fissare gli appuntamenti. L’apertura straordinaria è prevista anche per i centri di trasfusione per garantire l’autosufficienza del fabbisogno di sangue.
Per aumentare la produttività degli ospedali pubblici, inoltre, è stata introdotta un’imposta sostitutiva del 15% sui compensi erogati ai dirigenti e al personale della sanità per le prestazioni aggiuntive. L’obiettivo è incentivare gli straordinari perché economicamente più convenienti e ridurre in questo modo l’attesa dei pazienti. Le tradizionali aliquote marginali dell’Irpef possono arrivare fino al 43%.
Il decreto diventato legge stabilisce che debba essere realizzato un Centro di prenotazioni a livello regionale (e per una volta il Molise è precursore) o infraregionale, che includa sia gli erogatori pubblici sia i privati convenzionati con l’elenco di tutte le agende e dei posti disponibili per ogni singola prestazione. A oggi solo 13 Regioni hanno attivato Cup unici con un solo numero di telefono che i cittadini possono chiamare per prenotare visite. E ancora meno Regioni hanno unificato in una sola piattaforma le agende degli ospedali pubblici e dei privati convenzionati (in questo caso il Molise sta ancora lavorando per finalizzare l’ingresso dei privati nel Cup unico ma è un target da tempo già fissato).
Dal Cup i cittadini riceveranno una chiamata due giorni lavorativi prima della visita o dell’esame prenotato per confermare o cancellare l’appuntamento. Se non ci si presenta all’appuntamento senza aver effettuato la disdetta (tranne che per cause di forza maggiore) bisognerà pagare comunque il ticket.
Infine, l’Agenzia per i servizi sanitari (Agenas), ha ora il compito di gestire una piattaforma delle liste di attesa nazionale che mira a migliorare l’accesso ai servizi sanitari per i cittadini e il personale medico. Sul sito si avrà a disposizione un quadro puntuale e reale dei tempi di attesa per prestazione, regione per regione.

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