Professor Giancarlo Ripabelli (direttore della Scuola di specializzazione in Igiene dell’Unimol, ndr), il vaiolo è una malattia che ci riporta al passato. Una malattia fortunatamente debellata. Che legame c’è fra quel vaiolo e il vaiolo delle scimmie di cui oggi parliamo tanto?
«Il vaiolo è una malattia altamente contagiosa causata da un Orthopoxvirus e presenta un tasso di mortalità intorno al 30%. È stata una delle malattie più devastanti conosciute dall’umanità e ha causato milioni di morti. Per fortuna l’infezione naturale è stata eradicata grazie alla disponibilità di un vaccino e ad una campagna vaccinale condotta a livello mondiale. Persistono alcune preoccupazioni legate al rischio di epidemie per attività di bioterrorismo poiché campioni di virus del vaiolo sono ancora conservati in due centri di ricerca situati negli Stati Uniti e in Russia. In effetti, nessun caso di vaiolo si è verificato al mondo dal 1977 e, come conseguenza di ciò, nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato la sospensione della vaccinazione anti-vaiolosa. Per questo virus è opportuno ricordare che l’uomo rappresenta l’unico ospite naturale.
Il virus Mpox, precedentemente conosciuto come monkeypox o “vaiolo delle scimmie”, è una malattia virale determinata sempre da un Orthopoxvirus, ma solamente affine al virus responsabile del vaiolo nell’uomo. Questa infezione fu riscontrata per la prima volta nel 1958 in scimmie di laboratorio, mentre la diffusione in forma epidemica nell’uomo è stata riportata a partire dal 1970 nella Repubblica Democratica del Congo e poi in Paesi confinanti. A lungo considerata una malattia tropicale negletta, Mpox è salito alla ribalta a causa della diffusione al di fuori della sua area endemica a partire dal maggio 2022, quando casi furono riportati in 70 Paesi in cui la malattia non era considerata endemica. Poiché fu dimostrata una trasmissione continua da persona a persona al di fuori dell’Africa, l’Oms dichiarò l’epidemia di Mpox del 2022 un’emergenza di salute pubblica di interesse internazionale.
Di questo virus esistono due gruppi clonali distinti (o clade, che discendono da un antenato comune): il ceppo del bacino del Congo (clade I) e il ceppo dell’Africa occidentale (clade II). Una variante della Clade I (Clade Ib) è stata identificata di recente. Essa è caratterizzata da accresciuta trasmissibilità e severità della malattia, rappresentando un problema di salute pubblica globale che ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a diramare un’ulteriore allerta internazionale. Sebbene il nome indichi le scimmie come ospiti principali, i primati non umani non sono il serbatoio del virus e, nonostante questo sia essenzialmente ignoto, i principali indiziati sono i piccoli roditori delle foreste pluviali africane».
Come si trasmette?
«Tutti i casi associati con l’epidemia del 2022 furono causati dal ceppo dell’Africa occidentale e furono segnalati soprattutto, ma non solo, in uomini che avevano rapporti sessuali con uomini. Nel caso della trasmissione zoonotica, cioè dall’animale all’uomo, l’Mpox è probabilmente trasmesso attraverso fluidi corporei come goccioline di saliva o secrezioni respiratorie che possono giungere all’uomo tramite morsi o graffi o mediante la preparazione e il consumo di carne animale infetta.
La trasmissione da persona a persona avviene attraverso uno contatto prolungato, anche tra familiari, e accade per mezzo di goccioline respiratorie in caso di un contatto fisico faccia a faccia o intimo attraverso i rapporti sessuali di qualsiasi tipo, il contatto diretto con lesioni cutanee infette o con indumenti o lenzuola, o più in generale oggetti, contaminati da croste o liquidi corporei. La trasmissione materno-fetale può avvenire attraverso la placenta o durante il parto. Il periodo di incubazione è di 1-2 settimane, ma può durare fino a 3 settimane. Il tasso di mortalità tra i casi è fino al 10% con il ceppo del bacino del Congo (clade I), ma è inferiore all’1% con il ceppo dell’Africa occidentale (clade II). Complicazioni severe sono possibili in alcuni gruppi di popolazione a maggior rischio come bambini, donne incinte, individui immunocompromessi. Queste complicanze possono includere infezioni batteriche secondarie, complicazioni respiratorie, sepsi, encefalite, perdita della vista a causa dell’interessamento corneale.
Come ci si protegge?
«È bene precisare che al momento il rischio è considerato basso/molto basso per i soggetti residenti nell’Unione europea in accordo a quanto dichiarato dall’European Centre for Disease Prevention and Control il 16 agosto, però è sempre utile diffondere alcune semplici raccomandazioni, come evitare il contatto diretto con persone che hanno lesioni cutanee riconducibili a quelle causate da Mpox, evitare il contatto con oggetti o vestiario di una persona affetta da Mpox o con sospetta infezione, lavare spesso le mani, cosa che non fa mai male in qualsiasi circostanza. In caso di contatto a rischio, è necessario avvisare il medico e monitorare i propri sintomi e la comparsa di eruzioni cutanee sospette entro 21 giorni dall’evento. Poiché, come detto, Mpox presenta una certa affinità con il virus del vaiolo umano, la ricerca clinica si è interessata a questo patogeno da molti anni. Ciò ha permesso di sviluppare vaccini efficaci come il MVA-BN. Al momento questo farmaco è utilizzabile in Italia e prevede la somministrazione sottocutanea di due dosi separate, con la seconda a non meno di 28 giorni dalla prima».
Secondo lei c’è il rischio dello stigma come nei primi anni accadeva per l’Aids?
«Lo stigma fa parte della natura umana ed è legato alla paura connessa alla mancanza di conoscenza. La comparsa dell’infezione da Hiv, di cui oggigiorno si parla pochissimo soprattutto tra i giovani e ciò è preoccupante, fu inizialmente un evento caratterizzato da una totale mancanza di informazioni sull’agente etiologico e sui fattori di rischio importanti per la trasmissione dell’infezione. Ancora oggi non è disponibile una terapia che consenta di guarire definitivamente, sebbene i farmaci resi disponibili dalla ricerca scientifica abbiano portato i soggetti con infezione da Hiv ad una nuova normalità di vita. Questi infatti, quando ben seguiti dallo specialista medico, non rappresentano un rischio di infezione per nessuno in nessuna circostanza, incluso l’intimità. Inoltre, per Mpox abbiamo a disposizione un vaccino, la cui somministrazione va ovviamente ben valutata, mentre per Hiv, nonostante gli sforzi fatti fino ad oggi, un vaccino non è ancora disponibile. Forse ci verranno in aiuto in vaccini a mRNA, come quelli che ci hanno portato fuori dall’ultima pandemia. Quindi, facciamo corretta informazione e tutti capiranno che l’infezione da Mpox non è una malattia associata a stili di vita o a come si sceglie di vivere la propria sessualità».
In Europa – e in Italia – non c’è emergenza. Ci sono Paesi che non è consigliabile visitare?
«Nella recente circolare del 19 agosto scorso emanata dal Dipartimento della Prevenzione, della Ricerca e delle Emergenze Sanitarie (l’ex Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria) del Ministero della Salute, si precisano alcune indicazioni operative anche per i medici e gli operatori sanitari. In particolare, “si raccomanda di sensibilizzare i viaggiatori diretti in Paesi con focolai confermati di infezione da MPXV clade I (il virus Mpox di cui stiamo parlando) in merito al rischio di contrarre la malattia, fornendo loro informazioni pertinenti per proteggere sé stessi e gli altri prima, durante e dopo il viaggio. Si raccomanda, inoltre, di sconsigliare la partecipazione ad eventi con assembramenti nei Paesi con focolai confermati di MPXV clade I”.
In sostanza non ci sono specifiche restrizioni. Certamente è buona prassi evitare contatto con animali selvatici, soprattutto primati e roditori, come anche evitare contatti sessuali o contatti stretti con soggetti in cui è nota o comunque sospetta la recente infezione da Mpox o che siano stati contatto di casi di Mpox. Ovviamente bisogna evitare contatti sessuali o contatti stretti con soggetti con lesioni cutanee sospette. Si raccomanda sempre di consultare le linee guida del Paese ospitante prima del viaggio come anche di rivolgersi ai servizi di medicina dei viaggiatori presenti presso i dipartimenti di prevenzione per avere ulteriori informazioni a riguardo».
L’Oms ha chiarito: non è il nuovo Covid. Perché non è e non lo sarà?
«Perché il Covid-19 è stato causato da un virus totalmente nuovo, anche per il nostro sistema immunitario, e sconosciuto rispetto agli altri coronavirus che avevano circolato nelle popolazioni. Perché il famoso “Rt”, cioè la capacità di trasmettersi, del Sars-Cov2 era spaventosamente alto e perché non avevamo alcuna informazione scientifica su cosa stesse accadendo. Perché forse eravamo impreparati nonostante i pregressi piani pandemici antinfluenzali. Perché siamo persone, e le persone sbagliano a volte. In questo caso, cioè con Mpox, abbiamo conoscenza, diagnostica, terapia, prevenzione. Quello che succede in Africa è preoccupante, ma non dimentichiamo che, purtroppo, lì non c’è un sistema sanitario come quello occidentale, certamente in grado di arginare e limitare i pericoli e i rischi conseguenti. Quindi, al momento, le probabilità che Mpox si diffonda in Occidente sono assolutamente remote. Forse dovremmo preoccuparci piuttosto di migliorare nel continente africano le capacità diagnostiche, i sistemi di sorveglianza, l’offerta vaccinale e più in generale la prevenzione. È così che dovremmo fare per riuscire ad evitare che questa malattia diventi l’ennesima catastrofe sanitaria in Africa, minimizzando anche i rischi che la malattia si diffonda in Europa».
Contro Mpox c’è un vaccino, lo sottolineava prima.
«Sì, come detto, c’è un vaccino. È proprio grazie al vaccino se siamo stati in grado di eradicare il vaiolo umano e se siamo stati in grado di riprendere le normali attività dopo la disastrosa pandemia da Covid-19. Il vaccino è una delle più importanti misure di profilassi di cui oggi si può disporre. E l’avvento dei vaccini a mRNA rivoluzionerà la pratica vaccinale, portando ad un cambio di paradigma sostanziale. Insomma, cominceremo a parlare di vaccini terapeutici per malattie importanti come il cancro, oltre ai vaccini usati tradizionalmente a scopo preventivo».
Non per spoilerare la sua età, ma ai suoi tempi per il vaiolo “umano” ci si vaccinava e grazie alla profilassi è stato eradicato. Chi si è vaccinato allora ha un vantaggio rispetto a Mpox?
«La sua domanda circa l’età è tendenziosa… È noto che la copertura vaccinale per il vaiolo umano col tempo può diminuire, ma attualmente le linee guida riportano che chi ha completato il ciclo vaccinale, e non ha condizioni di compromissione del sistema immunitario, può ricevere una sola dose di richiamo con il vaccino per Mpox invece delle due dosi previste per i soggetti nati dopo l’abolizione dell’obbligo vaccinale per il virus umano del vaiolo».

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