L’Asrem fa quadrato attorno alla direzione strategica. Non c’è solo il dg Giovanni Di Santo davanti a telecamere e taccuini. Non ci sono solo Bruno Carabellese e Grazia Matarante, direttore sanitario e direttrice amministrativa. Né solo la risk manager Gabriella Ruzzi o il responsabile dei Sistemi informativi e del Cup Raffaele Malatesta. Seduti ad ascoltare, partner di un lavoro iniziato un anno fa, i capi dei distretti Tiziana Scellini, Lucio De Bernardo e Giovanni Giorgetta. E, fra gli altri, la direttrice sanitaria del Cardarelli Giovanna Sticca. «Io lavoro in squadra e i risultati si vedono», rivendica Di Santo. Anche nel parterre.
L’incontro con la stampa, quasi una settimana dopo la messa in onda di un altro servizio contro la sanità molisana che – secondo il programma di Mario Giordano – non assicura il rispetto dei tempi per visite ed esami. Intanto il manager ribadisce la scelta di adire le vie legali per far valere «il danno d’immagine» causato dal programma “Fuori dal coro”, che è stato denunciato pure dalla Federazione della aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) per l’inchiesta “Ladri di salute”.
Ancora, Di Santo lo premette in apertura e poi lo riafferma: «Un ringraziamento alla struttura commissariale e stima rinnovata nei confronti dei due commissari che, con le loro dichiarazioni, hanno semplicemente accelerato i tempi per fare il punto sulle liste di attesa in Molise, tematica al centro dell’attenzione in tutta Italia».
Nel servizio il commissario Bonamico, dopo aver cercato informazioni precise sui fondi spesi per ridurre le liste d’attesa, si lamentava del fatto che in Asrem non gli rispondessero. Di Santo sorvola e, alle domande dei cronisti sul punto, risponde che comprende che Bonamico possa aver avuto quel tipo di reazione di fronte a un’operazione mediatica tesa a screditare la sanità regionale.
Punto e a capo, caso chiuso. Giusto una battuta per replicare alla critica sull’azienda che dice mezze verità ai commissari: «Io sono “di santo”, la messa sono abituato a cantarla per intero…».
“Fuori dal coro” ha poi di fatto accusato il dg dell’azienda sanitaria di essersi negato. «Io non mi nascondo né latito. Sono stato sempre disponibile, ho anche dato appuntamento ai giornalisti del programma per un’intervista il lunedì successivo, ma non si sono presentati».
Quindi, le risposte di merito che smentiscono il contenuto del servizio su quattro punti essenziali: in un anno per molte prestazioni si sono ridotti, dei fondi disponibili per l’abbattimento dell’arretrato è stato usato il 60% e non il 2%, sono chiuse solo 40 agende (quindi ambulatori o reparti) su 800, quelle dei centri privati sono inserite nel Centro unico di prenotazioni.
«Quando ci siamo insediati – ha sintetizzato il dg – c’era meno di nulla. Non c’erano visite ed esami in lista d’attesa, salvo poi scoprire che invece ce n’erano 60mila. Ogni medico aveva una sua agenda, 300 erano quelle gestite in autonomia, non esistevano percorsi di tutela per gli utenti, né equilibrio fra attività istituzionale e quella cosiddetta intramoenia o Alpi. Le agende subivano sospensioni ad horas, i pazienti arrivavano e non trovavano medici. Oggi tutte queste criticità non si riscontrano».
Di fatto il Cup non funzionava e non era unico. Il sistema informatico non riconosceva, non sempre e non correttamente, i codici di priorità (urgente, breve, differite e programmate). Le agende dei centri privati non erano inserite.
Appena nominato dal presidente Roberti, a Di Santo è stato assegnato anche l’obiettivo di ridurre le liste d’attesa. «Qualche giorno dopo abbiamo deliberato la costituzione della cabina di regia, abbiamo poi istituito il nucleo per la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva, abbiamo realizzato un tempario», ancora Di Santo. E man mano il Cup è stato allineato: il sistema “legge” i codici di priorità e sono state inserite le agende dei privati. Non ci sono molti spazi perché le cliniche sono sature come le strutture pubbliche ma gli slot ci sono. Come dimostra la simulazione che il management Asrem offre al termine della conferenza stampa al primo piano del palazzo di via Petrella.
L’inviata di Mediaset nel servizio “incriminato” ha provato a prenotare un’ecografia muscolo tendinea, che non è fra le 69 prestazioni cosiddette “traccianti”, quelle sulle quali le Asl vengono monitorate dal Ministero. «Forse la effettua qualche radiologo e al nostro Cup non risulta mai chiesta. Quanto ai pazienti neoplastici li prendiamo direttamente in carico, con una priorità assoluta (altro elemento del servizio di “Fuori dal coro”). Non voglio dire che non ci sono più criticità perché non è vero ma posso garantire che abbiamo raggiunto risultati importanti», ha rivendicato Di Santo.
Le criticità che le persone vivono sulla propria pelle, e che sarebbe sciocco negare, riguardano ad esempio branche in cui l’Asrem soffre una drammatica carenza di personale. Per esempio la pneumologia ma non solo. «Abbiamo però avviato un percorso virtuoso e metterlo alla berlina è un affronto», ha concluso il capo di via Petrella.
Prima di cedere la parola al responsabile del Cup Malatesta per la dimostrazione sul campo e l’illustrazione di risultati e numeri, quelli economici: in un anno sono stati spesi 600mila euro per ridurre le liste di attesa, il 50-60% dei fondi complessivamente necessari (1,2 milioni).
r.i.