Negli ultimi 20 anni la spesa per l’acquisto di prestazioni dai centri privati è aumentata di 12 miliardi: quasi 27 miliardi in totale nel 2023, il 20,3% di quella complessivamente sostenuta, in crescita del 2% (nel 2013, per fare un paragone che non va oltre il decennio, rappresentava il 18,2%).
La sanità pubblica non può fare a meno di quella privata, è la sintesi di Quotidianosanità che ha analizzato i dati della Ragioneria generale dello Stato.
Fatta eccezione per il periodo pandemico, a partire dai primi anni 2000 la spesa per acquisti da privato è salita progressivamente per arrivare nell’ultimo decennio a un livello sostanzialmente stabile «a riprova del fatto che ormai la componente privata rappresenta un vero e proprio pilastro che appare irrinunciabile per il Ssn», argomenta Luciano Fassari su Qs.
Naturalmente, la situazione è sfaccettata, emergono differenze fra le Regioni. In testa il Lazio con il 29,3% della spesa destinata al privato, subito dietro il Molise con il 28,7% e la Lombardia con il 27,2%. Al quarto posto la Sicilia con il 23,9%. Sopra la media nazionale anche la Campania (23,3%) e la Puglia con il 22%. Chi invece punta meno sul privato è la Valle d’Aosta con il 7,7% cui seguono la Provincia autonoma di Bolzano con il 9,9% e il Friuli con il 10,8%.
A utilizzare di più il privato sono, quindi, le Regioni in piano di rientro o commissariate (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sicilia e Puglia) che in media sono al 23,9%, mentre quelle non in piano di rientro (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche e Basilicata) si attestano in media al 18,9%.