Lo ripete più volte. Sottolinea il concetto con la mano: «Il primo a restare sorpreso sono stato io».
Fulvio Oreste ha 95 anni. Ingegnere, libero professionista, ha avuto incarichi importanti e di massima responsabilità all’Anas. Di sé dice: da tre anni sono in pensione. Vive a Pescara. Una salute ‘di ferro’ e un cervello in costante allenamento. Accanto al letto d’ospedale, sulla mensola, uno smartphone di ultima generazione. Che lui sa usare benissimo. «Non ero mai stato a Campobasso, mai stato in questa struttura. Rispetto a quello che ho passato nei mesi scorsi mi sento un miracolato».
Dal 10 gennaio, racconta, ha cominciato ad avere «dolori atroci» a un piede e alla gamba. Non riusciva più a dormire. «Tutte le notti le passavo in bianco a sentire trascorrere le ore». All’Ospedale Civile della sua città non sono riusciti a venire a capo della situazione, comunque non è stata risolta. Eppure la chirurgia vascolare del presidio pescarese è molto rinomata. La sua sofferenza aumentava. Poi, dopo mesi di dolori atroci, un medico di Roma gli ha consigliato la Fondazione Giovanni Paolo II in Molise.
Il suo caso, un’ischemia critica che poteva portare all’amputazione del piede, è stato trattato dall’equipe del prof Piero Modugno, con lui i dottori Centritto e Amatuzio, con un intervento di angioplastica. «Ero titubante – prosegue il racconto l’ingegner Oreste – ma poi mi sono ricreduto intanto quando ho visto le apparecchiature sofisticate che sono in dotazione qui. Oserei dire che è primo in Europa…». Il secondo impatto importante è stato l’intervento, che lui riassume così: «È durato quattro ore e mezzo e, lo devo ammettere, è stata quasi una tortura cinese. Il professore e la sua equipe sono stati bravissimi. Sono riusciti a distaccare manualmente due vene, ma solo con il supporto dei macchinari che hanno si poteva fare. Un’equipe decisamente all’avanguardia». Dall’operazione sono trascorsi un paio di giorni, dopo la medicazione si ferma volentieri a spiegare come è andata e come si sente. Ci tiene a testimoniare la sua sorpresa e l’ottimo risultato raggiunto: non solo ha evitato conseguenze peggiori, come l’amputazione, ma la qualità della sua vita non è stata minimamente intaccata. «I dolori sono completamente spariti. Davvero sono rimasto sbalordito dall’elevatissima qualità e professionalità di questo Centro, del suo personale e della tecnologia che ha in dotazione».
Rientrato poi a casa, a Pescara, ha voluto ribadire i ringraziamenti e la stima per le prestazioni rese dall’unità di Chirurgia vascolare diretta da Modugno – che fa parte del dipartimento di Malattie Cardiovascolari guidato dal prof Carlo Maria De Filippo – con una lettera indirizzata alla direzione della Fondazione di largo Gemelli.
Il successo dell’intervento e del decorso post operatorio, scrive nella missiva Fulvio Oreste, «è da attribuire unicamente alla eccezionale bravura e professionalità dell’equipe medica che, capeggiata dall’illustre prof Modugno, ha saputo egregiamente operare, tra le non lievi difficoltà presenti nell’intricato percorso operativo. Una equipe straordinariamente all’avanguardia che ha svelato qualità altamente professionali supportata da apparecchiature e congegni di alta tecnologia che qualificano, a mio dire, una organizzazione unica in Europa». Una menzione, dunque, per l’equipe ma che è un complimento che si estende alla Cattolica di Campobasso e ai suoi vertici: «Dovete essere onorati ed orgogliosi di avere al vostro fianco un a siffatta equipe di medici di rara bravura e professionalità».
Un grazie di cuore, quello che Oreste indirizza alla Fondazione di Campobasso, «con l’augurio di molteplici ulteriori ‘successi’ che altro non faranno che abbellire la lodevole iniziativa nella istituzione della Fondazione di ricerca e cura di un prestigioso nome quale quello dell’indimenticabile Giovanni Paolo II».
Ancora un riconoscimento per la Chirurgia vascolare della Cattolica, dunque. Il reparto di Piero Modugno è anche centro di riferimento per la sperimentazione della terapia con le cellule staminali, utilizzata quando non sia possibile – come invece era nel caso dell’ingegnere pescarese – rivascolarizzare l’arto colpito da ischemia. E dove è stato anche stabilito, è una delle ultime novità, un protocollo per l’utilizzo dell’anidride carbonica come contrasto al posto del solito mezzo nel caso di pazienti con insufficienza renale o che siano allergici al mezzo di contrasto. r.i.