Si chiama ‘area funzionale omogenea assistenziale internistica’. Integra (accorpa) varie unità che allo stato attuale sono reparti autonomi. Ed è il primo nucleo della riorganizzazione ospedaliera disegnata nell’atto aziendale dell’Asrem in base all’impostazione prevista nel piano operativo del commissario Frattura.
Al Cardarelli il primo step della ‘rivoluzione’ che porterà a rivedere anche il ruolo dei primari. Project manager per l’attuazione del protocollo operativo è Antimo Aiello, direttore del dipartimento medico. Lo hanno stabilito i vertici dell’Asrem con un provvedimento di lunedì scorso, 15 maggio.
I servizi ospedalieri saranno dunque organizzati in base all’intensità delle cure che si erogano. Quindi, ad esempio, nell’area ad alta intensità sono inquadrate la Terapia intensiva, quella neonatale e quella cardiologica. La prima fase del processo di trasformazione del modello attuale – rigido dipartimentale – in quello per intensità di cura consiste nella definizione delle aree omogenee. Il paziente, questa è la filosofia alla base del modello, verrà preso in carico e assistito in maniera multidisciplinare. Della prima area che sarà costituita fanno parte Medicina interna, Dermatologia, Geriatria, Malattie infettive, Oncologia medica, Malattie endocrinologiche, Nefrologia, Neurologia, Nutrizione clinica e Gastroenterologia. Si tratterà quindi di coordinare il lavoro di 34 dirigenti medici, 106 infermieri (di cui 29 con limitazioni al lavoro, per esempio la legge 104) e tre tecnici. Saranno unificate, si legge nel protocollo allegato al provvedimento firmato da Sosto, Lucchetti e Forciniti, tutte le attività di day hospita. L’accesso dovrà essere programmato in modo da consentire il massimo utilizzo delle strutture. Anche le attivitù ambulatoriali saranno unificate e organizzare in macrosettori per garantire un uso razionale e flessibile delle risorse e delle strutture.
Ovviamente saranno riorganizzati anche gli spazi a disposizione: reparti che fanno parte della stessa area funzionale non possono essere dislocati in maniera illogica o incoerente con l’esigenza di assistere in maniera complessiva e integrata il paziente. Quindi, al Cardarelli presto sarà tempo di traslochi e lavori in corso. Il protocollo precisa che l’area internistica avrà uno «sviluppo “a torre verticale”, ubicata nel lotto B». Ci sarà, in sintesi, un’ampia area dedicata alle degenze organizzate per settori funzionali a diversa intensità assistenziale, un’area comune del ciclo diurno (day hospital) e quella per le prestazioni ambulatoriali.
Il protocollo contiene anche un cronoprogramma con le azioni da mettere in campo in maniera progressiva. Si parte con l’allestimento degli spogliatoi (previsti coi magazzini al sesto piano) e degli ambulatori dove si sposterà l’attività (solo ambulatoriale appunto) della Neurochirurgia. Negli spazi prima occupati da questo reparto, disattivato in base al piano operativo, sarà organizzata la degenza della Neurologia. E così via con una serie di trasferimenti di attività, in alcuni casi anche temporanei.
Non saranno mesi facili per il Cardarelli. Non solo dal punto di vista del riordino vero e proprio con la prevista integrazione con la Fondazione Giovanni Paolo II. I servizi che restano nell’immobile storico dovranno essere tutti riorientati. I posti letto ridotti e riorganizzati, il personale andrà coordinato. Uno sconvolgimento logistico non da poco. r.i.
ci dovrebbe essere il primo step della ricostruzione e non delle rivoluzione!!