Abbiamo già scritto che nel corso degli anni in Italia eravamo riusciti a costruire un servizio sanitario di tutto rispetto.
In particolare con il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 erano stati finalmente definiti i Livelli essenziali di assistenza con la classificazione degli stessi e l’indicazione delle forme di prevenzione e di assistenza sanitaria, farmaceutica e riabilitativa a livello ospedaliero e territoriale.
Sono così definiti perché comprendono tutte le prestazioni ritenute indispensabili e perciò tali da dover essere garantite a tutti i cittadini in condizioni di uniformità sull’intero territorio dello Stato.
Se andate con attenzione a leggere tale decreto, avrete la sensazione di un tentativo valido di attuazione dell’articolo 32 della Costituzione italiana.
Il governo Gentiloni ha arricchito di recente le prestazioni per nuove patologie, anche se talune, come ad esempio quelle odontoiatriche, ne sono ancora parzialmente escluse.
Anche il decreto legge 158 del 13 settembre 2012, meglio conosciuto come decreto Balduzzi, aveva aggiornato in parte i Lea, ma contestualmente introduceva il principio del rafforzamento dell’assistenza sanitaria territoriale ed un processo di deospedalizzazione.
Si tratta di un provvedimento che a nostro avviso, dietro il paravento di una riorganizzazione e riqualificazione delle aziende sanitarie e la ridefinizione dell’assistenza territoriale, in effetti ha avviato un processo progressivo ma sempre più deciso di privatizzazione della sanità soprattutto con il potenziamento delle prestazioni intramoenia e con il rafforzamento dell’integrazione e delle convenzioni con i privati.
Impedire il ridimensionamento assurdo dei servizi sanitari in atto è la prima azione che la popolazione interessata deve portare avanti con un’azione di lotta non violenta ma risoluta per evitare che si possa perdere il diritto alla salute.
C’è poi un’azione popolare più ampia da condurre sul piano strettamente politico e più specificamente elettorale per giungere sul piano legislativo, attraverso nuovi e più validi soggetti di rappresentanza, ad eliminare norme eventualmente non in linea con il bene comune per la collettività.
È un percorso già da iniziare con le imminenti elezioni amministrative nei Comuni dando mandato di rappresentanza a cittadini onesti, responsabili e competenti.
Poiché è nostra convinzione radicata che i servizi di prevenzione e le forme di assistenza per i diversi tipi di patologie non possono essere organizzati in base al numero degli abitanti di una regione, ma seguendo le necessità dei cittadini sul territorio, soprattutto in relazione alle condizioni orografiche ed alle difficoltà di movimento per accedere ai servizi ospedalieri, noi pensiamo che le prescrizioni del decreto Balduzzi neghino nella realtà in certe aree l’accesso reale a talune prestazioni sanitarie e dunque impediscano l’eguaglianza dei cittadini nel diritto alle cure in particolare quando esse riguardino patologie tempo-dipendenti per le quali occorre avere un centro nosocomiale raggiungibile nei tempi adeguati e provvisto di pronto soccorso e di reparto ospedaliero relativo.
Con riferimento alle tantissime dichiarazioni pubbliche del personale medico osserviamo che le riorganizzazioni sanitarie che fanno ovviamente riferimento al decreto Balduzzi, soprattutto nelle regioni fortemente indebitate come il Molise, stanno creando per i cittadini enormi difficoltà di accesso a taluni servizi.
Dovrebbe essere chiaro, allora, che il rapporto con tale decreto non può essere visto attraverso una lettura che ne preveda solo delle deroghe, che possono avere un valore solo in maniera provvisoria, ma va analizzato in tutte le sue prescrizioni negative e rivisto alla radice riportando la sanità nelle sue dimensioni pubbliche che sole, fuori da obiettivi di profitto, possono garantire parità di prestazioni ai cittadini.
Ci rendiamo perfettamente conto di quanto possa essere lungo un procedimento per ottenere la verifica della costituzionalità di una legge dello Stato, ma, se ci sono dubbi in tal senso, è una via da percorrere insieme a quella di allargare le sinergie operative, organizzare i cittadini verso forme più credibili e coerenti di rappresentanza nelle istituzioni attraverso il voto e costruire in modo certosino forme di democrazia diretta.
Tra l’altro ci è davvero incomprensibile la motivazione per la quale in una regione si dovrebbero chiudere o ridimensionare reparti come neurochirurgia, oncologia, malattie infettive, oculistica, solo per fare degli esempi, e pagare in convenzione ai privati le stesse prestazioni.
Noi siamo convinti che nella riorganizzazione sanitaria, che dicono essere richiesta dalla crisi economica che viviamo e dalla gestione non certo oculata che ne hanno fatto talune giunte regionali, occorre mettere paletti fermi che riguardano appunto la necessità di garantire appunto a tutti i cittadini, anche e diremmo soprattutto dei territori più disagiati, dei Livelli essenziali di assistenza effettivi.
A noi pare che la strada intrapresa non vada in questa direzione e ci piacerebbe che chi ha da prendere decisioni politiche a livello locale e nazionale lo faccia con responsabilità perché non vogliamo accettare che una persona possa rischiare la vita per le difficoltà di accesso ai servizi sanitari.
La logica della politica sembra funzionale alle indicazioni, se non ai diktat, delle lobbies del neoliberismo miranti al progressivo ma sistematico depotenziamento del pubblico per orientare i cittadini verso il privato che sicuramente ha il diritto di esistere purché tuttavia si finanzi autonomamente.
Speriamo si comprenda pure che chi elabora riflessioni ed idee, che tra l’altro mette ampiamente a disposizione di tutti come servizio alla collettività, non agisce per spirito di polemica, che non appartiene in alcun modo a chi si muove in maniera gratuita ed a livello di volontariato, ma opera unicamente per indicare strade di razionalità per la difesa dei diritti del cittadino.
Fin qui da molti comitati sono stati suggeriti canali, metodologie, finalità ed obiettivi per immaginare una sanità pubblica di qualità.
In una democrazia partecipata con le organizzazioni sociali ci si confronta.
In Molise si è deciso di percorrere la strada di un Piano operativo sanitario che ci si gloria di aver blindato con l’emendamento n. 34 sulla manovra di bilancio che ne fa una legge nazionale impedendo di fatto ai cittadini il diritto a forme di ricorso al Tar di cui poi, però, la Regione si continua a servire come è stato fatto insieme al Wwf per le pale eoliche ai confini con la Campania.
Poiché nella sanità le difficoltà dei cittadini si registrano in tutto il Paese e c’è perfino chi, come il sindaco di Volterra, sale sulla torre campanaria per protesta contro i tagli ospedalieri, forse una domanda dobbiamo porcela.
Il decreto Balduzzi ed i Piani sanitari in approvazione sono in linea con quanto hanno definito i decreti sovra menzionati sui Lea e soprattutto con quanto stabilisce la Costituzione italiana?
Se, come noi crediamo, la risposta è negativa, è chiaro che sulla strada intrapresa non si può continuare.
Mentre siamo decisamente scettici rispetto alla possibilità che in Senato possano passare emendamenti per impedire che il Pos del commissario ad acta per la sanità nel Molise diventi legge nazionale, siamo ancora idealmente fiduciosi che i molisani possano prendere coscienza della necessità di servizi adeguati per la difesa della salute e rivendicarne il diritto per se stessi e per le nuove generazioni. Umberto Berardo