Di fatto l’integrazione Cardarelli-Cattolica c’è e salva vite umane. I fatti, avvenuti nei giorni scorsi, servono a dimostrare questo assunto.
Alla Fondazione Giovanni Paolo II è stato eseguito un intervento chirurgico percutaneo estremamente complesso su una paziente molisana di 72 anni, arrivata in condizioni estremamente critiche. Era giunta dal Cardarelli, dove era stata eseguita con successo un’angioplastica coronarica percutanea, in seguito a un infarto. Dopo l’intervento, però, era sopraggiunta la ‘rottura del cuore’, una delle complicanze peggiori. Tecnicamente, spiegano dal Centro di largo Gemelli, la necrosi dei tessuti aveva favorito la lacerazione del setto interventricolare, la “parete” che divide il ventricolo sinistro da quello destro. La comunicazione tra i due ventricoli aveva aggravato non poco la situazione, ulteriormente precipitata quando è sopraggiunto uno “shock cardiogeno”, con pressione arteriosa estremamente bassa, al punto tale che è stato necessario impiantare un dispositivo meccanico, contropulsatoreaortico, per permettere al cuore di lavorare meglio. La quasi totale inattività del muscolo ha generato anche una trombosi cardiaca. Complicanze poco frequenti, raro che avvengano tutte insieme. La vita della signora era appesa a un filo.
Dal Cardarelli la donna è stata trasferita alla vicina struttura della Cattolica. Lì, l’heart team (cardiologi interventisti, cardiochirurghi, anestesisti e chirurghi vascolari) ha valutato attentamente la situazione e ha scelto il trattamento meno invasivo possibile: l’intervento per via percutanea.
Dopo l’anestesia e l’attivazione della circolazione extracorporea, l’equipe di emodinamisti diretta dal dottor Sacra, attraverso le vene e le arterie, ha impiantato il cosiddetto “ombrellino”, proprio all’interno del cuore, riuscendo a chiudere il foro. Particolarmente innovativa anche la metodica applicata: è stato posizionato dall’arteria radiale un dispositivo chiamato claret, simile a filtro che serve a bloccare il probabile distacco dei frammenti del trombo, che si era formato nel ventricolo, evitando potenziali danni celebrali.
Il rischio intraoperatorio era molto alto ed era stato predisposto anche un “piano B” in caso di emergenza: i cardiochirurghi erano pronti ad intervenire. Non c’è n’è stato bisogno. Non sono mancati momenti critici, ma l’equipe ha gestito tutto al meglio, salvando la vita alla 72enne che ora sta bene.
La multidisciplinarità del dipartimento di Malattie cardiovascolari diretto dal dottor Carlo Maria De Filippo è un elemento che fa la differenza nella gestione di situazioni estreme. Al suo interno diverse specialità cliniche, tutte presenti nella stessa struttura e coordinate: dalla cardiochirurgia alla riabilitazione.
«Ringrazio tutti i miei collaboratori – commenta Cosimo Sacra – i colleghi anestesisti, i colleghi cardiochirurghi, il direttore del dipartimento De Filippo. Un ringraziamento particolare al nostro direttore generale Mario Zappia, che ha creato le condizioni perché noi potessimo operare, anche in situazioni estreme come questa».
«Il compito del management, oltre alla dovuta attenzione ai conti dell’azienda è quella di garantire uno standard di assistenza elevato per i pazienti – dichiara il dg Zappia – Tutte le nostre azioni sono guidate da questo obiettivo e sono io che mi congratulo con i medici per come collaborano al loro raggiungimento. Devo sottolineare, anche in base a quello che ho potuto constatare in questi miei tre anni in Molise, che sia da parte dei medici Asrem sia da parte nostra esiste nei fatti una collaborazione professionale che va al di là di tutte le chiacchiere che si sentono da più parti e che fortunatamente consente di salvare vite umane e di garantire il meglio delle cure. Questo è solo uno di tanti casi».