Una rara variante genetica, che interessa il 4% della popolazione, è associata a un maggiore rischio di ipertensione e di patologie cardiovascolari. Questa caratteristica potrebbe rappresentare un nuovo biomarcatore, capace così di identificare precocemente le persone a rischio. E potrebbe, naturalmente, aprire le porte a nuove prospettive terapeutiche.
Sono i risultati di una ricerca condotta dal laboratorio di Fisiopatologia vascolare del Neuromed e pubblicata sulla rivista Scientific Reports. Al centro dello studio, svolto in collaborazione con l’Istituto Multimedica, il gene che codifica la proteina BPIFB4. Questa proteina era già stata sotto i riflettori dello stesso gruppo di ricerca, che aveva individuato una particolare variante del gene, definita Lav (“longevity associated variant”), che prevale nelle persone dalla vita particolarmente lunga: i centenari.
Ora è stata scoperta la variante RV (RV- BPIFB4), che invece risulta avere un’azione negativa.
Un gene dalla doppia faccia, quindi. Una sua variante contribuisce a una vita lunga e in salute. Un’altra, quella individuata nel lavoro del laboratorio Neuromed, ha invece un effetto dannoso sul sistema cardiovascolare.
Chi ha questo polimorfismo nel proprio codice genetico, infatti, è maggiormente esposto al rischio di ipertensione, con un conseguente aumento di patologie cardiovascolari. I ricercatori hanno ottenuto questi risultati prima di tutto confrontando pazienti ipertesi e persone sane, trovando che i portatori della variante RV avevano una più alta pressione diastolica. Poi sono passati a studiare vasi sanguigni isolati, infine hanno impiegato modelli animali. «Sia in laboratorio sia nei modelli animali – spiega il prof Carmine Vecchione, docente dell’Università di Salerno presso l’Irccs Pozzilli – abbiamo potuto vedere che, facendo esprimere il gene RV – BPIFB4, utilizzando un vettore adenovirale, si osservava una disfunzione endoteliale. Lo stesso risultato lo abbiamo visto quando, sempre in laboratorio, abbiamo esposto alla proteina RV alcuni vasi sanguigni umani (prelevati nel corso di normali interventi, come quello per l’asportazione delle vene varicose, ndr). Anche in questo caso la disfunzione endoteliale si è verificata».
L’endotelio, la superficie interna dei vasi sanguigni, non è solo una “conduttura”. Ha un suo sistema di regolazione e svolge diverse funzioni che contribuiscono alla salute dell’intero sistema cardiovascolare. Qui la proteina BPIFB4 svolge la sua azione.
«Questa proteina – prosegue il prof Vecchione – si sta sempre più affermando come un elemento fondamentale per la salute dei vasi sanguigni. In particolare attraverso la regolazione del metabolismo dell’ossido nitrico, la più importante molecola protettiva della funzione vascolare. La variante che abbiamo ora scoperto potrà permettere di individuare persone geneticamente predisposte non solo all’ipertensione, ma anche a una minore efficacia dei farmaci usati per trattarla».