La mobilità passiva costa ogni anno al Molise 90 milioni di euro. Ed è uno degli indicatori che continuano a condannare il sistema sanitario regionale, all’ultimo posto del dossier di Demoskopika nonostante i sacrifici e il riordino in corso.
Mobilità passiva vuol dire molisani che devono, per un motivo o per l’altro, andare a curarsi fuori regione. Ed è una ‘malattia’ che riguarda soprattutto le strutture pubbliche. Perciò, torna a ribadire l’ex presidente Michele Iorio – capolista di ‘Iorio per il Molise’ a sostegno di Donato Toma alle regionali del 22 aprile – «il Molise deve fare della sanità pubblica una risorsa. È una necessità per questa regione ma soprattutto è un dovere verso i cittadini molisani. Soprattutto dopo i disastrosi interventi del governo regionale uscente».
Viaggi della speranza, ma anche – ed è ancora più drammatico – rinuncia alle cure. Nel 2017, 13 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi per motivi economico, per le lunghe liste di attesa o perché non si fidano del sistema sanitario della loro regione. Oltre 320mila “viaggi della speranza” dal Sud con bilanci in rosso per ben 1,2 miliardi di euro.
Serve una terapia, quindi. «Per cinque anni ho provato a fare una opposizione costruttiva cercando di indirizzare il governo regionale verso scelte che non fossero scellerate ma le mie parole sono rimaste inascoltate da una classe politica sorda a qualunque iniziativa che andasse a favore dei cittadini. Oggi il tempo delle critiche è scaduto. È necessario – dice Iorio – rimboccarsi le maniche per restituire ai cittadini molisani il sacrosanto diritto alla salute dando loro la possibilità di curarsi nella propria regione senza dover abbandonare le loro case, allontanarsi dalle loro famiglie e spendendo i loro risparmi per vivere fuori regione e stare accanto ai propri cari. Il pubblico dev’essere riqualificato e deve essere messo in condizione di richiamare anche risorse. La Regione Molise spende circa 90 milioni di euro l’anno per pagare le altre regioni perché i molisani vanno a curarsi altrove. E perché lo fanno? Perché le strutture pubbliche – sostiene l’ex governatore – sono ridotte al lumicino non certo perché le nostre strutture non siano capaci di dare risposte. La terapia prevede un categorico no alla chiusura degli ospedali, anche perché la chiusura degli ospedali di Venafro, Larino e Agnone, in sostanza, non ha prodotto una riduzione dei costi. I costi attuali della sanità, con quelle chiusure, sono identici ai costi di quando quelle strutture chiuse funzionavano. Gli ultimi investimenti nella sanità pubblica risalgono al governo di centrodestra, con l’acquisto di macchinari come Tac, risonanze magnetiche in quasi tutti gli ospedali, la pet al Cardarelli di Campobasso (strumento all’avanguardia per la prevenzione e la cura dei tumori) oltre a tanti interventi strutturali. Tutto questo è solo un piccolo esempio di come è stata qualificata dal centrodestra in passato l’offerta pubblica ed è la premessa per riprendere la strada della valorizzazione del settore. Invertire la rotta – conclude – vuol dire dare fiducia a quella parte del centrodestra che si è contraddistinta non solo per la coerenza, ma anche nei fatti in un settore vitale per la società».
Intanto nel centrodestra i Forconi rinunciano al ricorso al Tar. L’esclusione dalla corsa, quindi, è definitiva.

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