Super Ticket per visite ed esami: diminuiscono le entrate per lo Stato e aumentano le iniquità per i cittadini. Per ridurre le disuguaglianze bisogna abrogare il ticket nella prossima legge di bilancio.
La Corte dei Conti, attraverso l’ultimo ‘Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali’ e il ‘Rapporto di coordinamento di finanza pubblica 2018’, certifica la costante riduzione delle entrate per lo Stato derivanti dai ticket sulle prestazioni sanitarie, in particolare quelli sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale, sul Pronto soccorso e su altre prestazioni ad esclusione di quelle farmaceutiche. Il gettito annuo per lo Stato passa infatti da oltre 1,5 miliardi di euro del 2012 a poco più di 1,3 miliardi del 2017. Nel periodo 2012-2016 la compartecipazione alla spesa in valori assoluti è diminuita del 13% circa. Anche nel 2017 il gettito da ticket si è ridotto dello 0,9%. In particolare quello sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale subisce la maggiore contrazione negli anni: solo nel 2017 sono entrate nelle casse dello Stato 14 milioni di euro in meno rispetto al 2016. Tutto ‘merito’ del Super Ticket cioè la quota fissa per ricetta pari a 10 euro, applicata con Decreto Legge 98 del 2011.
«Una misura che oltre ad ostacolare l’accesso alle prestazioni da parte dei cittadini già alle prese con il problema delle liste di attesa, depaupera i redditi delle famiglie che si trovano a dover affrontare un problema di salute e sposta risorse e assistiti dal Servizio sanitario pubblico al canale privato – commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Ciattadinanzattiva -. Per una serie di prestazioni più a basso costo, proprio a causa del Super ticket può risultare economicamente più vantaggioso svolgere la stessa prestazione in regime privato. È uno squilibrio che va superato assolutamente».
Su questo punto è intervenuta anche la Corte dei Conti richiamando l’attenzione sulla necessità di evitare che «livelli di compartecipazione troppo elevati (specie nella specialistica) favoriscano lo spostamento dal Servizio Sanitario Nazionale verso strutture private, minando la stessa possibilità di garantire livelli di assistenza adeguati». Anche la Agenas segnala che per quanto riguarda i ticket sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale «si registra la riduzione dovuta alla convenienza di ricorrere alla prestazione in forma privata rispetto alla erogazione pubblica specie per le prestazioni a bassa tariffa».
La normativa che ha introdotto il superticket ha previsto la possibilità per le Regioni di ricorrere a misure alternative ai 10 euro sulla ricetta ma con effetto finanziario equivalente: «Regione che vai ticket che trovi, una vera e propria giungla – ha continuato Aceti – e le recenti iniziative regionali volte ad eliminare o ridurre il peso del Super ticket, se da una parte rappresentano una buona notizia per quelle Regioni, dall’altra riaccendono i riflettori sulle profonde disuguaglianze che caratterizzano il Servizio Sanitario Nazionale e che rischiano di aumentare in assenza di un provvedimento nazionale di abrogazione di questa vera e propria tassa sulla salute. Vanno garantiti pari diritti e opportunità di cura per i cittadini di tutte le Regioni. Proprio su questo chiediamo al ministro della Salute, che ha già annunciato attenzione al tema, l’impegno ad eliminare nei confronti di tutti i cittadini questo balzello già a partire dalla prossima Legge di Bilancio e che secondo i dati rilevati con la Tessera Sanitaria nel 2016 ha prodotto entrate pari a 413,7 milioni di euro. Ciò per scongiurare un Regionalismo differenziato nei diritti dei pazienti e nella loro effettiva esigibilità. Chiediamo, inoltre, una riscrittura della bozza di Decreto di riparto del fondo di 60 milioni di euro, istituito con l’ultima Legge di Bilancio, garantendo realmente maggior equità e accesso alle prestazioni per la popolazione più vulnerabile, come ad esempio le persone inoccupate. Sulle disuguaglianze inoltre Cittadinanzattiva ha lanciato da qualche mese la campagna Diffondi la salute, volta proprio a trovare una soluzione alle enormi disparità territoriali, sia di accesso che di offerta».