Per ora è nel cassetto dell’inquilino di via Genova. Presto, però, la relazione sui danni finora prodotti al Molise dalla mancata nomina del commissario della sanità potrebbe dare contenuto, ciccia, a quello che è già un caso politico e istituzionale.
Perché se un’altra regione, più popolosa ma pure ancora inguaiata riguardo alla riorganizzazione della sanità, aspettasse ormai da cinque mesi la nomina del commissario per il piano di rientro sarebbe già successa, per dirla in campano (regione a caso per caso inguaiata in tema di sanità) Casamicciola.
La conferenza stampa sulla presentazione del sottosegretario alla presidenza della Regione diventa una sorta di bilancio sullo stato dell’arte. Il governatore Donato Toma tocca per ultimo l’argomento sanità. Al netto di un rapporto cordiale col ministro Grillo, il cui capo di gabinetto più volte è stato a colloquio con Toma, le posizioni restano distinte e distanti. «Il Molise ha bisogno di un presidente-commissario. Il tecnico esterno? Scelga Roma, ma deve essere il sub commissario». Evidentemente anche il governo, o almeno la quota 5 Stelle, è rimasta sulle sue posizioni: i governatori non possono essere pure commissari. Nessun passo avanti, aggiunge, anzi «ogni settimana mi viene proposto un commissario diverso, è diventata quasi una barzelletta». Poi svela: «Ho una relazione dell’Asrem e della struttura regionale sui danni che la mancata nomina sta creando. Per ora è ancora nel cassetto ma prima o poi la tirerò fuori…».
Il riordino, cioè l’attuazione del programma operativo, operativamente non era partito da molto. Ma adesso è bloccato. Non c’è nessuno che possa firmare i decreti necessari a consentire all’Asrem qualsiasi azione di riorganizzazione: decisioni sui reparti ma verosimilmente anche sul personale (c’è tutta la partita sull’attuazione della legge Madia, è presumibile che il commissario debba autorizzare l’azienda sanitaria a procedere in un senso o nell’altro».
Le schermaglie sono andate avanti per mesi, si pensava però che prima della pausa estiva venisse messo il punto fermo. Invece no. Siamo ancora alle schermaglie. Come il confronto a muso duro fra il capogruppo 5S Greco e Toma in Consiglio regionale martedì. «Dice che io sto impedendo la nomina del commissario. Non sapevo di avere questi poteri. So solo che questa situazione di strada senza uscita sta andando avanti da cinque mesi. Credo che presto dovrò fare qualcosa», conclude Toma sul punto.
Tanti altri i punti toccati dal presidente. Due quelli di maggiore impatto. Il Por, intanto, la cui spesa è ferma al 3% (forse ora 5-6%). A dicembre c’è il primo termine definitivo ai fini del disimpegno di quote di risorse non utilizzate. «Stiamo andando avanti velocemente, ma non recupereremo tutto. Ad ogni modo – anticipa – andrò a Bruxelles a chiedere un rinvio della scadenza. Dal terremoto in poi, oltre tutto, stiamo pensando solo a quell’emergenza».
Infine, ancora, la dicotomia continuità/discontinuità. Un tema da social network (anche se non è estraneo alle chiacchiere che il Molise reale fa nei bari) che è presente anche in settori non trascurabili della maggioranza che lo sostiene. Toma rivendica ancora una volta che la discontinuità si fa con le decisioni e con gli atti, e non «non facendo lavorare dirigenti bravi». Nessuno ne fa espressa menzione, ma il nodo – indigeribile per alcuni nel centrodestra – è (anche) la conferma dei capidipartimento che lo erano già con Frattura (Mogavero e Pillarella).
«Non c’è continuità – scandisce Toma – Per esempio, stiamo rivedendo tutto il Patto per il Molise. E poi ci sono quelle che io chiamo le delibere di domenica 25 febbraio». Approvate, spiega, quando l’esecutivo era al capolinea. «Sono 84 e sono delibere di programmazione. Se le attivassimo praticamente rinunceremmo alla prerogativa della programmazione nel nostro intero mandato. Le stiamo smontando, ma bisogna farlo con cognizione di causa». Annullata la designazione del Cda di Finmolise, ricorda, ora sotto la lente c’è quella riguardante la Fondazione Molise Cultura.
ritai