Ieri la giunta regionale dell’Abruzzo ha approvato la nuova mappa degli ospedali. Si tratta della stesura definitiva che mette in salvo – e queste rappresentano la novità a detta di tutti i media abruzzesi – dei presidi di Popoli e Atessa. Il primo sarà sede di pronto soccorso, il secondo diventa ospedale di area disagiata come doveva esserlo il Caracciolo di Agnone. Ma purtroppo così non è stato o non lo è ancora.
«Credo che in Abruzzo si siano fatti e fatti, non le chiacchiere. Atessa e Popoli sono tornati ad essere ospedali». Commenta amaramente la notizia don Francesco Martino, da cittadino e soprattutto da utente del Caracciolo, che appena ieri non aveva lesinato critiche alla giunta Toma per aver sottratto i fondi per la viabilità interna dell’alto Molise in favore dell’ex Istonia e del viadotto Verrino.
Tornando all’Abruzzo, diventa ospedale di area disagiata anche il presidio Castel di Sangro a due passi dal confine molisano, pronto dunque ad incentivare la nostra mobilità passiva.
La mappa della Regione Abruzzo, elaborata nel bel mezzo di una campagna elettorale (si vota il 10 febbraio dopo le dimissioni del governatore Luciano D’Alfonso oggi senatore del Pd), sarà trasmessa a Roma al tavolo di monitoraggio.
Certo, il Molise non è l’Abruzzo. E la certificazione che siamo stati e continueremo, chissà ancora per quanti anni ancora, i cugini poveri è arrivata un paio di settimane fa quando la Ue ci ha retrocessi nell’ex Obiettivo 1, tra le ‘regioni meno sviluppate’. Non più tra i territori ‘in transizione’, non più regione cerniera tra Nord e Sud, ma di nuovo tra quelle che arrancano perché poco virtuose come Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia. Ed è davvero una magra consolazione pensare che grazie a tale retrocessione pioveranno più soldi da Bruxelles se poi non li sappiano spendere o li spediamo male.