Arriva in via Garibaldi da solo. Da capo della struttura commissariale, Angelo Giustini vuole sapere dalla Corte dei conti, dalla procura erariale in particolare, come sono stati utilizzati i 4.2 milioni di tasse che nel 2018 non risultano trasferiti dal bilancio della Regione a quello della sanità.
Non è venuto per saperlo adesso. Ma per capire se tutti e due i decreti che sul punto ha firmato insieme alla vice Ida Grossi sono arrivati in procura. Con il primo, commissario e sub non approvano il rendiconto 2018 perché mancano all’appello 4.2 milioni di fiscalità. Con il secondo – oltre a disporre l’inoltro delle carte alla procura contabile per sapere se quelle risorse siano servite a pagare spese extrasanitarie – di fatto impongono, in virtù dei poteri conferiti loro nel decreto di nomina, al Consiglio di via IV Novembre di modificare una legge del 2007: quella che stabilisce che la Regione paga la rata da sei milioni annui del mutuo contratto per coprire i debiti sanitari antecedenti al 2006 interamente con la fiscalità. Il tavolo tecnico sostiene che si possano utilizzare solo due milioni di tasse, il resto va trovato nelle pieghe del bilancio regionale. Sta qui l’origine del cortocircuito che rischia di incendiare l’estate della sanità non solo negli ospedali alle prese con l’emergenza personale ma pure ai piani alti di Palazzo Vitale.
Giustini vuole sapere, dunque, come sono stati usati i quattro milioni: «Sì – conferma – Perché ad oggi nessuno ci ha detto ancora come sono stati utilizzati nel 2018». Il presidente Toma nei giorni scorsi ha reagito a muso duro: Giustini sa che sono stati utilizzati per la rata del mutuo, ha detto, gli ho inviato la nota dei dirigenti di Regione e Salute che lo attesta. «Io lo voglio chiarire col procuratore, tutto qui. Penso sia un mio diritto, della struttura commissariale. Non sto accusando nessuno», rimane sulle sue posizioni il generale.
Incontra la vice procuratrice. I decreti, spiega quando esce dalla Corte, sono arrivati entrambi. «Adesso vediamo gli sviluppi», aggiunge.
Datati 6 e 12 giugno, i due provvedimenti sono stati pubblicati sull’albo della Regione solo il 21. E recano la firma solo di commissario e sub. Cosa sia accaduto non è chiaro, ma è evidente che non è l’iter normale. Sul punto, il commissario sorvola. Non è a lui che bisogna chiedere, dice in un colloquio dopo la visita in Corte dei conti. Un colloquio in cui ribadisce: «Io non faccio politica, ho chiesto aiuto a Roma 20 giorni fa perché i due primari di Isernia e Termoli (di Ortopedia, ndr) hanno scritto al direttore generale Sosto, che è venuto da me come pure è andato dal presidente». Senza personale, non si riuscivano a garantire i turni: questo il mayday lanciato dai direttori delle unità operative. Quindi, sia coi commissari sia con il presidente – racconta Giustini – c’è stata «condivisione per chiedere aiuto» e sono state vagliate tutte le possibilità, «medici in quiescenza, medici militari, libero professionisti, società di servizi, purché ci aiutassero a non chiudere» i reparti. E ancora, dice nel dettaglio, «questo era il messaggio, autorizzato dal ministero della Salute e portato, con me presente, alla ministra Trenta che se ne è fatta portavoce». Adesso, chiude sul punto, è tutto in mano a Roma. «Cosa ho fatto che non andava? Se ho fatto questo è perché è un dovere e un diritto del popolo molisano, di tutti, nessuno escluso». Epperò, la conseguenza qual è stata? «Avete visto che attacchi mi hanno fatto il presidente e l’assessore, una letteraccia al governo. Così stanno le cose? Si va in aiuto per cercare di supportare ciò che serve e questo è l’effetto?». Giustini contesta pure la ricostruzione di Mazzuto: Molise promosso sui Lea, pronto a uscire dal commissariamento. Stride, sottolinea, con la realtà di queste ore. Una realtà, il commissario non lo dice per non riaprire il fronte, in cui ci sono reparti destinati a chiudere perlomeno per l’estate perché mancano i medici.
Infine, respinge al mittente l’accusa di star facendo politica. «Io sono pronto a lasciare anche domani mattina però ricordo sempre che non sto facendo politica, sono un tecnico in difesa del cittadino molisano». Ringrazia la ministra Grillo perché ha dato «uno scossone» e sono arrivati gli ortopedici. A Roma lei, sollecitata dai cronisti sull’ipotesi medici militari, non ha usato la stessa gentilezza nei confronti del generale. Che non scende in polemica: «Rispetto le disposizioni del ministro Grillo».
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