Per il segretario regionale del Cimo Quintino Desiderio, la causa della chiusura del punto nascita del San Timoteo sta nel decreto Balduzzi e nei suoi standard. Ed è colpa dell’ex governatore e commissario Frattura che al Balduzzi non si è opposto e che nel suo programma operativo – che avrebbe i ‘giorni contati’ ma è ancora in vigore – ne ha riprodotto i parametri.
A proposito del nuovo piano operativo, quello che tocca ai commissari Giustini e Grossi firmare, in queste ore – secondo indiscrezioni – è all’attenzione dei ministeri dell’Economia e della Salute. Tempo qualche giorno e se ne dovrebbero conoscere i contenuti. In maniera lineare e non frammentaria. Intanto, come chiesto da Roma, la struttura commissariale in queste ore avrebbe revocato il decreto che imponeva la modifica legislativa sul pagamento del mutuo del 2007.
Tornando all’ex commissario, tirato in ballo di nuovo, per due giorni Paolo Frattura ci riflette su. Si tiene. Ieri il decreto del Tar che nell’attesa dell’udienza cautelare del 24 luglio ha sospeso la chiusura del punto nascita «re adhuc integra», cioè conservando l’attuale organizzazione del reparto. Quindi l’ex presidente tornato imprenditore e architetto si toglie qualche sassolino. «Guardi, non si tratta di levarsi sfizi o sassolini dalle scarpe. L’ho detto e lo ripeto: è tempo di misurarsi e confrontarsi sulle cose fatte. Un’operazione verità che non è più rinviabile».
Se il Tar ha concesso la sospensiva, è il ragionamento di Frattura, è perché il reparto è previsto dal Pos 2015-2018, quel piano tanto avversato dai rappresentanti Cimo e che peraltro è stato approvato con legge nazionale. «Inviterei perciò i professionisti della sanità a leggere gli atti prima di indire le conferenze stampa. E i medici a impegnarsi sempre di più nella loro professione».
Un fiume in piena, Frattura non si ferma più. «Dal dottore Molinari (responsabile di Ginecologia al San Timoteo, ndr), che ho visto impegnato nella conferenza stampa di venerdì, vorrei sapere alcune cose. Vorrei che le facesse sapere al Molise: ci spieghi perché le donne del basso Molise vanno a partorire fuori regione, fuori da Termoli. Convochi su questo una conferenza stampa, lo andrò ad ascoltare. E se si invertirà il trend dei parti, visto che il punto nascita resta aperto, gli farò un applauso».
Anche al sindacato, come all’attuale commissario e all’attuale presidente, Frattura sollecita un confronto pubblico. «Vogliamo parlare per esempio dell’inappropriatezza delle prestazioni sanitarie erogate in Molise prima del mio programma operativo? Un conto è garantire servizi sanitari, un altro è garantirli di qualità. Ed è troppo facile scaricare la responsabilità sulla politica. Io non ho problemi a discutere di questo, anzi voglio che si parli di quel che abbiamo fatto. Ma senza omettere o mistificare, con un sano e democratico contraddittorio. Non riesco ad assistere in silenzio a conferenze stampa piene di inesattezze, confusione… perfino sugli anni in cui sono state approvate o realizzate alcune cose. Sono disponibile a spiegare i risultati ottenuti. Non si ha voglia di leggere i documenti? Nessun problema, do io tutte le spiegazioni del caso. Dopo aver preso fango per anni, credo sia il momento della verità».
In tanti gli rimproverano l’assenza alla Conferenza Stato-Regioni il giorno dell’intesa sul regolamento del decreto Balduzzi. Cinque agosto 2015, per gli avversari di Frattura lì è cominciato il declino della sanità regionale. «Spiegherò anche questo, ma si abbia il coraggio del contraddittorio che chiedo da settimane. Dovevo andare in Conferenza a dire: non sono d’accordo. Io, rappresentante di una Regione che era commissariata e indebitata da dieci anni, che non dava seguito agli adempimenti del piano di rientro, che non riusciva ancora a dare una guida stabile all’azienda sanitaria. In quella condizione io avrei dovuto pretendere il Dea di II livello. Non ho fatto Pulcinella. E ho ritenuto di assicurare i livelli di assistenza con la programmazione prevista dal Pos. Ma, ripeto, credo che su questo tema si debba approfondire e non si possa affidare la risposta alla battuta di un colloquio giornalistico. Vediamo se qualcuno accetta la sfida di un confronto pubblico a tutto campo».
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