Una modifica al decreto Balduzzi: per il governatore Donato Toma è questa l’unica strada percorribile per salvare la sanità molisana. E per questo ha annunciato che sta preparando una richiesta in tal senso alla conferenza delle Regioni e al Governo. Lo ha detto partecipando ieri pomeriggio a Isernia all’incontro monotematico sulla sanità voluto dal presidente facente funzioni Roberto Di Pasquale e condiviso dall’intero consiglio provinciale, per trovare soluzioni in grado di garantire il diritto alla salute dei cittadini. All’appello oltre a Toma, hanno risposto le parlamentari Annaelsa Tartaglione e Rosa Alba Testamento e numerosi sindaci del territorio. Mancavano il direttore generale per la Salute della Regione Gennaro Sosto e i commissari ad acta Angelo Giustini e Ida Grossi.
«Il Veneziale di Isernia – ha affermato il presidente della Regione -, a mio avviso, va potenziato anche perché quello di Venafro ormai è un ospedale di comunità con una funzione diversa. Inoltre, il ‘Caracciolo’ di Agnone è ospedale di area disagiata. Vedremo che idea hanno i commissari che, fino ad oggi, non si sono espressi. Ho con loro un’interlocuzione continua, abbiamo avuto uno scambio di opinione e la mia è che Agnone debba rimanere ospedale di area disagiata, magari con un accordo di confine che permetta di potenziarlo. Per quel che concerne la rete delle emergenze, in provincia di Isernia va assolutamente potenziata, con un efficientamento maggiore del 118 ed è necessario prevedere sul territorio anche delle piazzole per l’atterraggio delle eliambulanze. La mia idea di sanità è tutt’altra rispetto a quella che stanno delineando i commissari. Io penso a un Dea di secondo livello a Campobasso e un Dea di primo livello a Isernia e questo consentirebbe al Veneziale di mantenere tutte le specialità presenti. Una modifica del decreto Balduzzi e, in merito, sto preparando una richiesta alla conferenza delle Regioni e al Governo e a settembre saremo pronti».All’incontro ha partecipato anche il primario del Pronto Soccorso del ‘Veneziale’ Lucio Pastore, in qualità di esponente del comitato ‘Isernia Bene Comune’. «Per far funzionare una sanità pubblica morente – ha detto – c’è bisogno di ridistribuire i fondi sanitari regionali che attualmente vanno per più del 40% ai privati, così come i posti letto. L’unica soluzione concreta – ha ribadito – è quella di limitare al 15% i fondi regionali e al 20% i posti letto. Se questo non avviene non c’è volontà di cambiamento e finché non verrà fatta questa inversione di marcia si continuerà a distruggere la sanità pubblica in favore di quella privata. Il debito ha determinato il commissariamento e da 12 anni persiste ma non sono mai state toccate le strutture private. È stato bloccato il turnover e non ci sono medici, di conseguenza la sanità pubblica si vedrà costretta a chiudere e cedere il posto ai privati convenzionati. Questa è la strada. A questo punto se la politica vuole privatizzare la sanità non lasci chi sta in ospedale in agonia e lo dica apertamente. E avremo una sanità non universalistica ma legata al reddito. Il Molise sta vivendo l’esperienza che vale per l’intera nazione. Per salvare la situazione bisogna cambiare rotta, ma dubito succederà perché non c’è ad oggi un partito che sposi questa linea. D’altro canto la scelta di privatizzare è stata politica e la politica deve rimediare. Se andiamo ancora verso un sistema privatistico il diritto alla salute diventa merce. Quando per curarsi bisognerà cacciare soldi allora capiremo realmente queste scelte politiche».
Presente al consiglio provinciale monotematico anche la deputata dei Cinque Stelle Testamento. «Auspico- ha detto – una inversione di tendenza affinché il diritto alla salute sancito dalla costituzione non escluda i molisani, che non sono certo cittadini di serie B. Un cambiamento impossibile se non viene rimodulato il rapporto tra pubblico e privato. Se non si affronta davvero questo problema sarà come continuare a mettere un cerotto su un’emorragia. La sanità sta pagando lo scotto di scelte politiche precedenti. Basterebbe fissare un tetto massimo ai soldi pubblici che vengono dati al privato convenzionato. Una scelta semplice che non avviene per ragioni evidentemente politiche, legate anche al ruolo di commissario rivestito precedentemente dai governatori che non hanno saputo tutelare il diritto alla salute. E così siamo arrivati a una crescita smisurata del privato a discapito della sanità pubblica. Serve un cambiamento radicale e il nostro impegno va in questa direzione».