Il governatore Toma, solo qualche giorno fa, ha evidenziato di registrare una positiva accelerazione, in materia di Sanità, anticipando anche che, sul tavolo del confronto, ci sono interessanti novità emerse dalla riunione, alla quale ha partecipato, della Commissione Salute. Proposte sulle quali le Regioni sono chiamate a ragionare e relative alla cronica carenza di medici. Un documento, quello al vaglio dei Presidenti, che dovrebbe arrivare sul tavolo politico il 25 settembre, così come anticipato dal governatore di ritorno dalla riunione romana. È il «Quotidiano Sanità» a fornire qualche prima indicazioni sulle idee con le quali le Regioni dovranno confrontarsi: possibilità in deroga per 3 anni di assunzione dei medici a partita Iva, accelerazione sui contratti di formazione-lavoro per gli specializzandi agli ultimi due anni di corso, riduzione della durata delle specializzazioni, abilitazione professionale al momento della laurea, revisione corso formazione in medicina generale e possibilità di scorrere le graduatorie anche oltre i posti messi a concorso. Sono queste le principali mosse allo studio delle Regioni per far fronte alla carenza dei medici e più in generale di personale sanitario ma non solo: un modus operandi unico consente di uniformare le possibilità di reclutamento del personale e snellire il sistema. Quindi il perimetro potrebbe essere identico per tutti. La prima misura allo studio riguarda la possibilità di deroga per un tempo limitato (tre anni) per le assunzioni di medici con incarichi di lavoro autonomo ove mai si registrasse l’impossibilità di reclutare medici dipendenti o convenzionati: opzione che potrebbe essere estesa anche all’attività degli ambulatori. Prevista la possibilità, se non si riescano a trovare professionalità con la specializzazione richiesta, di attribuire l’incarico ad altre tipologie di medici: ipotesi questa, però, esclusa per gli anestesisti, i professionisti di Medicina Nucleare, Radiodiagnostica e Radioterapia. Nelle Regioni che hanno l’urgenza di accelerare, si potrebbe dare il via libera alle assunzioni degli specializzandi che sono sulla soglia degli ultimi 2 anni, prevedendo contratti di formazione lavoro: tema, questo, al centro del dibattito da tempo e inserito anche nell’ultima legge di Bilancio e nel Dl Calabria. Le Regioni ci riprovano, visto che il tentativo di una riforma strutturale che coinvolgesse il Miur, allora non è andato a buon fine e si tratterebbe, nei fatti, dell’adozione di un regolamento per attivare norme nei fatti già previste. Fra le proposte anche la revisione del corso regionale di formazione in medicina generale, per rendere più uniforme la didattica, e la previsione della riduzione del numero di anni di specializzazione. Sul tavolo delle idee sulle quali ragionare la possibilità di rendere la laurea abilitante e consentire alle Regioni di scorrere le graduatorie degli idonei anche oltre i posti messi a bando, possibilità questa bloccata con l’ultima manovra. La proposta di ridurre il numero annuo dei parti – che interessa molto da vicino il Molise con i casi limite dei Punti nascita del San Timoteo e del Veneziale, vicenda sulla quale il ministro Speranza ha mostrato una certa apertura – è stata invece bocciata dalle Società Scientifiche dell’area Ostetrica e Ginecologica, Neonatologica e Pediatrica che, in un documento, hanno definito «preoccupante» l’apertura ad una ipotesi di revisione. Per i medici delle tre aree, la richiesta «rischia di mettere in discussione i criteri che hanno portato al processo di razionalizzazione della rete dei Punti nascita con la chiusura di quelli non considerati sicuri». Il nodo è tutto nella sicurezza della partoriente e del nascituro. Secondo i medici dell’area scientifica coinvolta principalmente nella questione, i dati obbligano a scegliere la sicurezza piuttosto che la comodità, stante anche l’età media delle partorienti. Certo, ci sono situazioni limite come quelle rappresentate da strutture poste in aree geografiche particolari, come le zone di montagna o quelle disagiate per le quali si ritiene opportuno tenere aperto un punto nascita con un volume di attività inferiore ai 500 parti ma questo «dovrà comunque garantire criteri di sicurezza e adeguati mezzi di trasporto in caso di necessità così come previsto dalle normative che attribuiscono al Comitato Percorso Nascita nazionale di esprimere una valutazione ‘consultiva’ sulle richieste di deroga avanzate da Regioni e Province autonome».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.