Non le brucia nemmeno più tanto. «Sono la sorella di Michele Iorio? Contenta di esserlo…».
Rosa (per moltissimi Rosetta) Iorio da qualche giorno è in pensione. A fare le sue funzioni al vertice del distretto di Campobasso, Giuseppe De Marco. La scelta della nuova guida è una delle nomine che attendono la governance Asrem nominata da Toma. «Il direttore mi ha chiesto se non volessi e potessi restare. Purtroppo per noi amministrativi non è possibile». E così, 42 anni di servizio e 67 di età, ha lasciato. Assessore ai Lavori pubblici a Isernia, la città della sua famiglia, di cui non riuscì a diventare sindaco col centrodestra. Ma dell’esperienza politica parla senza recriminazioni e con un bel ricordo. Nel 2017, presidente-commissario Frattura, l’allora dg dell’azienda sanitaria la promosse a capo del distretto di Campobasso. I mugugni e le polemiche non mancarono. Rosetta Iorio però aveva tutti i requisiti. Anche il saper navigare nelle ‘acque molisane’ senza farsi scalfire dal momento.
Rosa Iorio a riposo, una sorpresa. Uscita di scena in silenzio e nessuno le darebbe l’età della pensione.
«E invece… Ho fatto i miei 42 anni di servizio e non era possibile rimanere proprio per limiti di età.
Noi amministrativi non abbiamo la possibilità di restare come i medici. Ma va bene così. Mi è dispiaciuto lasciare in questo momento critico, questo sì. Ma sono sicura che chi è rimasto saprà fare bene come me e anche meglio».
Ha chiuso la sua carriera da direttrice del distretto sanitario. Era quello che voleva fare quando entrò nell’amministrazione della sanità?
«Ho cominciato come collaboratore amministrativo, sono stata tanti anni al consultorio, poi nell’amministrazione, dirigente, controllo di gestione. Dal 2006 ho diretto il distretto di Isernia e gli ultimi due anni a Campobasso. Credo di aver seguito tutte le tappe e di essere arrivata al massimo della mia carriera di funzionario. Poi, certo, si possono fare tante cose. Si può fare il direttore generale, quello amministrativo. Ma sono cariche che attengono ad altri profili. Io mi ritengo soddisfatta anche perché, come le ho detto, non ci sono arrivata immediatamente, ho seguito le tappe. E poi il mio lavoro mi ha appassionato molto. Sono stata fortunata: ho cominciato in un consultorio e quindi ho avuto un approccio verso il sociale, il bisogno della persona, che veniva prima di tutte le norme. Ho sempre molto ascoltato le persone che si rivolgevano a me. Ovviamente mi dispiace di lasciare tutto questo. Però farò altro. Mi piace mettermi a disposizione delle persone, l’ho fatto anche in politica a cui pure mi sono dedicata con passione. Mi dicevano: ma come fa a fare l’uno e l’altro? Beh, c’è tanto in comune tra il gestire la sanità e il gestire la cosa pubblica. Al centro c’è il cittadino, che una volta ha bisogno della strada, una volta della prestazione sanitaria».
La sanità è forse la ‘cosa pubblica’ più importante.
«E oggi si dimostra fondamentale, perché abbiamo visto che quando c’è un bisogno sanitario si ferma tutto».
Ma è la sorella di Michele Iorio.
«E questo non me lo toglierà mai nessuno… Devo dire che nel tempo tutti mi hanno riconosciuto una professionalità. Anche perché non ho fatto salti, fare 20 anni il collaboratore amministrativo non è poco. Poi se c’è qualcuno che vuole attribuire a tutti i costi a questa parentela quello che ho fatto, non c’è rimedio: bisogna lasciarlo nella sua convinzione, pazienza. So che qualunque cosa io farò, sarò la sorella di Iorio. Ma a me fa piacere essere la sorella di Michele…».
C’è una soddisfazione, o anche più di una, che ricorda con particolare emozione?
«Non saprei dire. Ci sono periodi in cui non si riesce a fare proprio tutto quello che ci si prefigge e magari c’è un po’ di sofferenza. Oppure, pensi a quando sono stata nominata a Campobasso: viaggiare tutti i giorni, vista anche l’età in cui ho cominciato a dedicarmi al distretto del capoluogo. Però anche questo poi è stato un periodo molto bello. Ci sono episodi che mi hanno più commosso ma sono veramente tanti. In generale, quando si riesce a risolvere il problema di una persona o più persone, quando si riesce a dare un servizio in più, c’è tanta soddisfazione. L’assistenza territoriale, domiciliare, ne ha fatti di passi in avanti. Siamo riusciti a dare un servizio non ancora completamente aderente al bisogno ma consistente. Aver contribuito a questo mi ha fatto piacere. Adesso si dovranno individuare altri percorsi. Seguirò e resto interessata, da cittadino utente, ma penso di fare altro».
rita iacobucci