Amareggiato, ma non arreso. «Sono medico di Igiene, so bene che non si deve mai arrivare impreparati. Invece, mi scontro con la certezza che la catastrofe sembra ineluttabile».
Luigi Di Marzio a gennaio ha lasciato i 5 Stelle. Senatore del gruppo misto, conferma la scelta, i motivi sono anzi aumentati: «Sono andato in Parlamento per dare il mio contributo alla ristrutturazione della sanità pubblica italiana. È stato subito chiaro che c’era una volontà contraria e contraria a quello che si era dichiarato in campagna elettorale». Senza sconti per gli ex compagni di movimento, guarda alla condizione che vive il servizio in Molise e lancia quello che definisce «un grido di dolore». Adesso, dice, «bisogna agire o non ci sarà più nulla da fare». Prende spunto dall’emergenza personale che sta vivendo il Cardarelli. Il primario di urologia Cuscunà è andato in pensione. Nel silenzio assoluto e senza alcun ricambio. Il suo collega di ortopedia La Floresta ha dato dimissioni che sembrano irrevocabili al momento.
Senatore, perché dice che subito le è stato chiaro che di fatto i 5s non avrebbero ristrutturato la sanità pubblica?
«Ricordo le dichiarazioni dell’allora ministro Grillo sul valore dei privati. E parlo di mancate scelte o di scelte che non ho condiviso. Anche adesso vedo le stesse cose: durante la fase più dura della pandemia tutti hanno proclamato la centralità del servizio sanitario nazionale, spina dorsale del Paese, e la necessità di tutelarlo. Si è però lasciato tutto com’era, con la sanità in mano alle Regioni. Si è lasciata nel cassetto la proposta di legge che punta a direttori generali delle Asl scelti per concorso e per le loro competenze e non dalla politica secondo logiche che sono sempre state in questi anni improntate a una gestione clientelare degli ospedali. Quel ddl è finito nelle sabbie mobili».
Direttore sanitario del Cardarelli in aspettativa per esercizio del mandato, ha sentito la necessità di rompere il suo silenzio quando ha saputo che il primario di ortopedia ha rassegnato le dimissioni.
«Perché questa è la prova evidente che il Cardarelli sta collassando e i molisani scopriranno di non avere alternative. Chi ha curato i malati di Covid e a chi sono andate invece le risorse? Ma i privati, lo scopriranno i molisani, non sopperiranno alla carenza di assistenza da parte del pubblico. Pancrazio La Floresta è l’emblema del crollo dell’ultima linea di difesa, è l’ultima bandiera. Ha chiesto di essere messo in condizione di operare le persone. Il non aver capito dove saremmo finiti dimostra la miopia di chi ha continuato a difendere o sponsorizzare questioni di campanile: i punti nascita, le senologie. Mentre il personale si è ridotto al lumicino».
Il dottor La Floresta aveva gli stessi problemi lo scorso anno. Perché adesso c’è questo clima di smobilitazione?
«Intanto c’è una ragione cronologica. Nel servizio sanitario nazionale e regionale, c’è stata un’infornata di personale negli anni ‘8’. Ma se entrano tutti insieme, bisogna prevedere che andranno in pensione tutti insieme. In questi anni bisognava innestare forze fresche per evitare il collasso. Perché a ortopedia andranno in pensione altri due medici e magari qualcuno, sfiduciato, seguirà le orme di La Floresta. Quindi il reparto lo chiudiamo? In questi anni il mandato era sempre di gestire la sanità in modo clientelare, c’era però l’ipocrisia di stare a sentire le richieste. Oggi non c’è più, non ascoltano neanche. Tanto sono tutti consapevoli che siamo agli ultimi giorni di Pompei…».
I commissari esterni li voleste voi, quando anche lei era dei 5 Stelle. Anche se lei fu critico da subito.
«Ci avevo creduto. Che l’onestà significasse soprattutto onestà intellettuale, invece siamo a una crisi irreversibile. Non c’è volontà e capacità di risolvere i problemi della sanità italiana e molisana, da parte dei commissari e della politica. È stata una mistificazione dire che il Molise avrebbe avuto dal governo la stressa attenzione delle altre regioni. Manca comunque un progetto per il Molise in generale, sia a livello locale sia a livello di governo centrale. La politica ha strumenti che vanno al di là delle appartenenze e negli ultimi due anni non si è mosso nulla. Tornando alla sanità, la responsabilità di quanto avviene e delle scelte è collegiale, del governo. Ma io dico che è colpa dei 5 Stelle nel senso che la campagna elettorale si incentrò principalmente sulla soluzione dei problemi in sanità. Invece si è continuato con la frammentazione delle risorse a disposizione».
Ultimi giorni di Pompei, ha detto… Definitivo?
«Il mio è un grido di dolore. Da paziente della sanità molisana, da cittadino, da medico e da parlamentare, perché lo sono casualmente. Non ho l’attitudine allo scambio e al compromesso. Ma il mio è anche un appello: le risorse adesso ci sono, quelle del Mes vanno prese e ci sono quelle del Recovery. Va ricostruito il sistema sanitario regionale. intanto va garantito quello che c’è, facendo carte false per non perdere i professionisti rimasti e concentrando le risorse dove possono essere curate. Quindi, il Cardarelli è il fulcro del sistema. Contemporaneamente si progetti un ospedale nuovo, baricentrico. Dove? Ci si mette a tavolino coi tecnici e si sceglie il luogo che tutti i molisani devono poter raggiungere nello stesso tempo e con la stessa efficacia delle cure. Abbiamo 13 strutture di ricovero in regione. Così non si curano le persone, perché i professionisti devono avere anche la necessaria casistica. Così si sprecano i soldi. Come ricordo spesso: la legge 833 prevedeva che il territorio delle Usl fosse lo stesso delle Province. Avremmo dovuto istituirne due, ne avevamo sette!».
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