Da reparto strategico e pure jolly, perché per esempio competente su pazienti ospitati in altre aree dell’ospedale (necessità non certo virtù che andava avanti da anni ma che con l’emergenza Covid avrebbe dovuto essere vietata per ovvi motivi), a struttura semivuota. All’improvviso senza più i pazienti positivi, che da mercoledì mattina (il giorno della visita ispettiva ministeriale) sono di competenza delle malattie infettive. E senza più ricoveri, nonostante di scritto pare non ci sia nulla di nuovo, se non la prima comunicazione della direttrice sanitaria Scafarto che li deviava in zone Covid free e ove possibile negli ospedali spoke.
Struttura semivuota e visitata dal Nas martedì, i militari volevano capire fra le altre cose se c’è un’area grigia come intesa dalle linee guida: zona fondamentale in ospedali misti dove bisogna garantire l’assistenza in sicurezza a pazienti Covid e non Covid, nonché ai sospetti. C’è una stanza usata come area grigia, ma – spiegano fonti interne – non ha per esempio il bagno.
Siamo in medicina, all’ospedale Cardarelli di Campobasso, a gennaio 2021: un reparto che ha il primario in malattia e nessun suo sostituto fisso. Di qualche giorno fa la comunicazione perentoria del responsabile Ennio Lubrano (primario in virtù della convenzione con l’Unimol), non può essere lui a provvedere a turnazioni e altre necessità. Ma il sostituto incaricato, gli fa sapere l’Asrem, ha rinunciato. Si tratta di Giovanni Ricci, che peraltro dirige l’unità anziano fragile, una quindicina di posti Covid (e relativo personale) staccati da medicina con l’ultimo ampliamento di letti dedicati al SarsCov2 realizzato all’ospedale regionale, anche in questo caso senza alcun provvedimento formale della direzione generale dell’azienda sanitaria.
Comunque sia, non è Lubrano che deve gestire ‘da remoto’ il reparto essendo in malattia e invita l’azienda a provvedere. Da qualche giorno, quindi, per indicazione stavolta della direzione medica del presidio di Tappino, il sostituto di Lubrano è il medico in servizio per ogni turno. E se ce ne sono tre e non sono d’accordo su una decisione da prendere? E se in turno, di notte, ci sono solo i giovanissimi camici bianchi reclutati a partita Iva? Hanno l’esperienza per sostituire il primario?
Fatti, e domande, che danno l’idea di cosa stia avvenendo in uno dei due reparti ‘decimati’ anche in termini di personale (l’altro è chirurgia in cui erano, appunto, appoggiati numerosi malati di medicina prima che fosse individuato il focolaio) da un cluster ospedaliero di SarsCov2 che ha contato oltre 30 positivi fra degenti e operatori, fra cui il responsabile di medicina.
Mercoledì, la novità: i positivi trasferiti fisicamente in malattie infettive sono di competenza degli infettivologi, disposizione orale della direzione sanitaria di via Petrella. I pochi operatori di medicina in servizio non devono più spostarsi al 3° o al 5° piano in aree Covid per visitarli e poi tornare in un reparto formalmente non Covid.
Qualche giorno prima proprio i pochi operatori in servizio avevano inviato una lettera denuncia all’Asrem, chiedendo di risolvere le tante criticità a partire proprio dal pericoloso andirivieni di medici da un reparto all’altro per via dei tanti degenti appoggiati (e molti positivi in aree Covid). Segnalavano inoltre, l’impossibilità strutturale di isolare i positivi in stanze singole, pazienti che continuavano a positivizzarsi, organico ridotto dallo scorporo di 4 medici assegnati al Covid e dal cluster interno. Medici superstiti in servizio, così si qualificavano nella nota, e «in preda a una condizione di burnout (stress lavorativo cronico, ndr) che potrebbe avere delle ricadute devastanti».
In malattia, invece, fra medici compreso il primario, infermieri e Oss, sono una quindicina. Il Covid lo hanno contratto in servizio. E molto probabilmente più di qualcuno vorrà sapere se lo ha contratto a causa del servizio.

ritai

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