«Una persona perbene», in questa situazione (lui non lo dice ma si capisce che è sottinteso), «si dimette».
Angelo Giustini a Teleregione definisce le sue dimissioni – inviate a Roma giovedì sera tardi con una nota più corposa in cui spiega le sue ragioni e con una comunicazione più formale poi di poche righe – «un atto giusto, che mi sentivo e mi sento di fare. Adesso vediamo cosa succede». E non ha nascosto l’amarezza per essrre stato lasciato solo da Roma: «I ministeri non mi ascoltano».
Ha chiuso così un’esperienza da subito difficile, che ha visto contrasti con la Regione, poi anche con l’Asrem e con i dirigenti di vertice di Mef e Salute nel tavolo tecnico.
Giustini, come è noto, è indagato per omissione di atti e abuso d’ufficio nell’ambito di un’inchiesta della procura di Campobasso più ampia rispetto alle contestazioni, pur molto pesanti, che gli vengono in questa prima fase mosse dal capo dell’ufficio Nicola D’Angelo. Martedì sarà ascoltato, all’interrogatorio andrà con i suoi avvocati Danilo Leva e Giuseppe Stellato. Lunedì è atteso di nuovo in ufficio probabilmente anche per ultimare l’acquisizione dei documenti utili a rispondere alle domande del pm.
Intanto, dopo le sue dimissioni, il generale della Finanza nominato il 7 dicembre 2018 dal governo Conte I non è stato ancora sostituito. Il passo indietro è irrevocabile, ma forse formalmente non immediato. Non è in discussione la permanenza nell’incarico della sub Ida Grossi. Che lei invece possa subentrare ad interim è molto controverso, la struttura regionale della sanità anzi non lo ritiene. Di Martino, sub con Frattura, restò in carica fino al 7 dicembre 2018 ma non firmò nessun decreto. Manteneva in piedi formalmente la struttura commissariale, ma non esercitava le funzioni di programmazione che sono affidate al solo capo della struttura che in quel momento non c’era.
Questioni marginali, comunque. Perché la vacatio (che ci sia o meno prorogatio di Giustini nel frattempo) sembra destinata a chiudersi molto presto.
Il Cdm ieri non ha analizzato la pratica, anche se sulla sostituzione del generale si sta ragionando da qualche settimana. Due giorni fa il Mef ha acquisito i dati di Anna Maria Minicucci, ex dg del Santobono e molisana di origine, per la valutazione dei requisiti. È la prima scelta, manager molto apprezzata per quanto realizzato in Campania dove vive da sempre (ma ha i suoi affetti familiari a Limosano) e proposta dai colonnelli del ministro Speranza per far cessare la contesa fra centrodestra (che vuole Toma) e Pd e 5s che invece hanno un nome alternativo e comunque dicono no al governatore.
Ieri, però, le indiscrezioni parlavano di una battuta d’arresto. Addirittura di problemi sul suo profilo e di un nome alternativo spuntato all’improvviso. Sono ore delicate e l’avvelenamento dei pozzi è sempre in agguato.
Il presidente Donato Toma intanto insiste sul fronte: «Con le dimissioni del commissario alla sanità, Angelo Giustini, si chiude una pagina nerissima per il Molise. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle il fallimento di un modello gestionale, quello derivante dal commissariamento, che – avendo in esclusiva la gestione della sanità molisana – ha solo aumentato il debito e non ha saputo prendere le decisioni necessarie sull’emergenza Covid. Sarebbe opportuno che i registi politici di queste scelte fallimentari chiedano scusa ai molisani. Mi auguro che vi sia la fine del commissariamento, come chiesto anche dal sottosegretario Pierpaolo Sileri, e che sia data finalmente la possibilità al presidente della Regione di poter avere la responsabilità della gestione della sanità. Lo sto chiedendo da oramai tre anni. Ad ogni modo confido nella saggezza del presidente Draghi».
L’anello mancante, insondabile, è proprio il premier. Se sono tutti (o quasi) convinti che su Minicucci punta Speranza e che il Mef a queste dinamiche è abbastanza indifferente, nessuno sa cosa deciderà Draghi.

Dai soldi non trasferiti alla sanità ai concorsi bloccati, tutte le accuse del generale

Nell’elencare i motivi che lo hanno portato alla decisione di dimettersi da commissario della sanità molisana, il generale Angelo Giustini punta il dito sul quarto piano di Palazzo Vitale, e se non sul presidente comunque sulla Regione che gestisce il bilancio ordinario, su via Petrella e sui ministeri dell’Economia e della Salute.
Quanto al primo rilievo, scrive Giustini, «nel compiere il proprio dovere, il sottoscritto individua irregolarità nelle fiscalità regionali dovute alla mancanza di 9 milioni di euro dal bilancio della sanità regionale e, con Dca 76 del 6 giugno 2019, decide di non approvare il bilancio di esercizio 2018 della Gsa in quanto le risorse rinvenienti dalle fiscalità sono solo parzialmente iscritte. Nonostante l’ammanco denunciato anche alla Corte dei Conti di Campobasso, ad oggi tali risorse non risultano essere state versate».
All’Asrem e al dg Florenzano, invece, imputa di non aver attuato le sue direttive. A cominciare da quelle sull’espletamento dei concorsi per 13 primariati avviati nel 2019 e completamente fermi. Inoltre, dopo il sopralluogo al Cardarelli, il commissario allerta il Nas e, con nota del 20 gennaio, chiede «all’Asrem di intervenire urgentemente per far fronte alle carenze e di eliminare le gravi carenze dell’offerta sanitaria così come indicate dai Nas e dal sottoscritto. L’ente attuatore Asrem viene dal sottoscritto sollecitato con proprie note operative, contenenti delle opzioni, dirette al direttore generale Asrem, ai ministeri affiancanti e alla presidenza del Consiglio». Stessi destinatari a cui ha segnalato l’assenza «in Molise della rete dell’emergenza-urgenza a causa della trasformazione dell’hub Cardarelli di Campobasso, unico su territorio regionale, in centro quasi totalmente Covid». All’Asrem scrive di aver comunicato la necessità «di ripristinare una rete dell’emergenza-urgenza per le patologie tempo dipendenti individuando due strade nella contezza di una pronta collaborazione. Mai avuto risposta».
Nella nota non manca la rievocazione del ‘fattaccio’ – l’invio di un piano Covid diverso dal suo presentato da «altri soggetti, non legittimati ad apporre la loro firma su un atto di programmazione – né la messa in evidenza che il progetto sulla ‘torre Covid’, da lui poi accettato, ancora non viene messo in atto.
Quanto al Vietri, è tornato alla sua ‘vecchia idea’ in virtù dell’aggravarsi della situazione, spiega ancora Giustini, e «non essendoci sinergia nella struttura commissariale» – la Grossi non era d’accordo – ribadisce che comunque a Roma il dg Urbani, il capo di gabinetto Zaccardi il capo della segreteria politica Paolucci e quello della segreteria tecnica Lorusso gli hanno dato «l’assenso verbale a riordinare un centro Covid a Larino per pazienti paucisintomatici così da permettere di bonificare gli ospedali inquinati».
Il resto, la convocazione urgente dell’unità di crisi e la scelta di convergere sul Gemelli con personale Neuromed (soluzione che poi non si è concretizzata) è storia più recente. Evidente, anche dallo scontro maturato il 29 dicembre sulla richiesta di revoca dell’accreditamento ai privati che non hanno accettato il taglio al budget, che Roma non sta dalla sua parte. E quindi Giustini molla. r.i.
ritai

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.