Dal 17 marzo è possibile anche associare due anticorpi monoclonali prodotti da Eli Lilly: 1 flaconcino di bamlanivimab (che era già stato autorizzato da solo) e 2 flaconcini di etesemivab.
È l’ultimo provvedimento di Aifa sulla somministrazione anche in Italia della terapia famosa per essere stata quella dell’ex presidente Usa Donald Trump contro il Covid. Terapia su cui si appuntano interesse e speranze. In Europa, e in Italia, muove ora i primi importanti passi, in base a un’autorizzazione d’emergenza.
Sulla base dell’ultima decisione Aifa, la direzione regionale della Salute sta aggiornando le indicazioni all’Asrem per l’attuazione del protocollo e la concretizzazione quindi del percorso che porterà alle somministrazioni. Ormai ci siamo anche in Molise: sono arrivate le prime 50 dosi di medicinale, il centro proscrittore – individuato il 5 marzo con una determina della dg Salute Gallo istruita dalla responsabile Politiche del farmaco della Regione Antonella Lavalle – è il reparto di malattie infettive del Cardarelli di Campobasso.
I monoclonali, infatti, possono essere somministrati in ambiente ospedaliero o comunque in grado di gestire efficacemente reazioni avverse. I pazienti ‘eleggibili’ alla terapia, fra i positivi al SarsCov2 che non siano ospedalizzati né stiano effettuando terapia domiciliari con ossigeno saranno proposti dai medici Usca o dai medici di base e pediatri di libera scelta, ma anche per esempio dai medici del Pronto soccorso. In generale, dai medici che abbiano l’opportunità di entrare in contatto
con pazienti affetti da Covid di recente insorgenza e con sintomi lievi-moderati e di indirizzarli rapidamente alla struttura presso cui effettuare il trattamento. Dettagli, questi, che saranno definiti dall’Asrem.
L’ok di Aifa, a inizio febbraio, ha riguardato i monoclonali Eli Lilly e Roche, poi un confronto continuo con le Regioni per la stima del fabbisogno, seguito per il Molise dallo staff delle politiche del farmaco, fra gli altri dalla funzionaria regionale Giuseppina Trofa. In base al range degli ultimi casi, al Molise sono toccate 50 dosi, il minimo. Ne arriveranno, naturalmente, altre ma la disponibilità al momento è bassa per tutte le realtà regionali. I monoclonali acquistati e distribuiti per ora sono quelli Eli Lilly, in attesa che si parta che con Roche.
L’uso degli anticorpi è autorizzato in soggetti di età pari o superiore a 12 anni, positivi al SarCov2 e non ospedalizzati per Covid19 né in ossigenoterapia per Covid, con sintomi di grado lieve-moderato di recente insorgenza (e comunque da non oltre 10 giorni) e presenza di almeno un fattore di rischio (o almeno due se uno di essi è l’età superiore a 65 anni).
Il comitato tecnico scientifico di Aifa ha indicato come popolazioni ad alto rischio i soggetti con le seguenti condizioni: body mass index ≥30; malattia renale cronica; diabete non controllato; immunodeficienze primitive o secondarie, età pari o superiore a 65 anni; età pari o superiore a 55 anni con malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo) o Bpco e/o altre malattie respiratorie croniche; età dai 12 ai 17 anni con body mass index ≥85esimo percentile per età e genere o anemia falciforme o malattie cardiache congenite o acquisite o ancora malattia del neurosviluppo oppure dipendenza da dispositivo tecnologico (p.es. soggetti con tracheotomia, gastrostomia) o, infine, asma o altre malattie respiratorie che richiedono medicazioni giornaliere per il loro controllo.
Ma come agiscono i due monoclonali Eli Lilly che ora possono essere dispensati anche in combinazione? Etesevimab è un anticorpo monoclonale ricombinante umano che neutralizza la proteina ‘spike’ del SarsCov2 (quella con cui il virus riesce a penetrare nelle cellule umane) con sostituzioni amminoacidiche per ridurre la funzione effettrice. Lega la ‘spike’ e blocca il suo legame al recettore umano Ace2. Bamlanivimab è un anticorpo monoclonale umano che pure neutralizza la proteina ‘spike’ del SarsCov2. In pratica, i due anticorpi legano determinanti antigenici differenti ma sovrapposti. Si prevede che l’uso di entrambi, insieme, riduca il rischio di resistenza virale.
La somministrazione deve avvenire per infusione endovenosa ed essere effettuata calcolando un periodo di almeno 60 minuti di osservazione. Per avere un’idea, una sorta di day hospital quindi.
Nessun beneficio clinico, ha rilevato infine Aifa, è stato osservato con l’associazione bamlanivimab ed etesevimab (né con l’utilizzo solo del primo) nei pazienti ospedalizzati per Covid. Quindi, non devono essere utilizzati per chi sia già ricoverato per Covid, per cui riceva ossigenoterapia a causa del Covid o, sempre a causa del Covid, abbia dovuto aumentare il flusso di una terapia con l’ossigeno che sia giù in atto per un comorbilità preesistente.
ritai