In realtà la riforma approvata mercoledì scorso in commissione Istruzione e Cultura del Senato non abolisce il numero chiuso. Posticipa la selezione al secondo semestre, dopo un primo “a libero accesso”.
Luca Brunese, rettore dell’Unimol e, prima, preside di Medicina ragiona per fatti e non per preconcetti. «Ho sempre detto e lo ripeto che il numero chiuso, a mio parere, garantisce la qualità dei nostri medici. Che infatti vengono molto ricercati all’estero. Ci sarà un motivo no?».
Giusto il ragionamento della ministra Bernini, dunque. Ma il numero 1 dell’Ateneo di via de Sanctis riafferma anche le ragioni che insieme ai colleghi ha discusso e sintetizzato poi alla Crui.
Intanto, ha evidenziato la Conferenza dei rettori, con il taglio ai bilanci delle Università sarà impossibile accogliere logisticamente 60/80mila studenti (con i fondi previsti per 20mila). Ci sono poi altri tecnicismi che per Brunese rendono la norma nei fatti inapplicabile (non ultimo che non è ancora chiaro il criterio con cui verrà stilata la graduatoria per il “gradino di ingresso”), comunque non dall’anno prossimo.
Brunese poi ha ribadito un’altra preoccupazione. Oggi, ha evidenziato, la carenza che sta diventando emergenza è quella degli infermieri.
Al test per il corso di Unimol si sono presentati in 117 per quasi 150 posti. «Al Servizio sanitario nazionale – così il rettore – servono infermieri ancora di più che medici. Seguiremo con la massima attenzione l’iter normativo della proposta di riforma e la sua evoluzione legislativa, non per alzare muri con il Ministero, ma pronti alla massima collaborazione, continuando a perseguire nel nostro Ateneo i riconosciuti standard qualitativi nella formazione dei futuri medici. Come Conferenza dei Rettori abbiamo motivato i punti della riforma dell’accesso a Medicina che sollevano più di qualche perplessità. C’è sicuramente un problema di sostenibilità finanziaria, strettamente collegata alla qualità della formazione, che senza il numero chiuso potrebbe essere meno garantita».

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