Il 2 e 3 giugno gli uffici postali sono chiusi: sabato perché è festa nazionale e il 3 è domenica. Molti lo saranno probabilmente anche domani, 1 giugno, perché i dipendenti iscritti a Slc Cgil e Uil Poste sciopereranno.
I motivi li hanno illustrati in conferenza stampa ieri mattina i segretari generali delle due sigle di categoria, Mimmo Fiocca e Aniello Pascarelli insieme a Franco Spina (confederale della Cgil) e Tecla Boccardo (segretario generale della Uil).
L’astensione dal lavoro è riservata al personale applicato negli uffici aperti al pubblico ed è stata proclamata, solo da Slc Cgil e Uil Poste, dopo una serie «di conflitti di lavoro e vertenze» che non sono stati risolti.
Due i fronti di lotta e mobilitazione: quello interno, in virtù del quale Cgil e Uil incrociano le braccia per combattere tagli, contratti part time in misura superiore alla legge, gestione a loro dire inadeguata degli uffici. Se per la filiale di Campobasso puntano alla rimozione del dirigente, per quella di Isernia lamentano che il personale non può fare le ferie.
Tanti operatori, «soprattutto giovani con contratto part time attendono, persino da otto anni la trasformazione in full time. Eppure l’azienda continua ad imporre una marea di straordinari per i turni pomeridiani. Paga gli straordinari che sono non tassati e non trasforma i contratti. In Molise Poste Italiane ha, in percentuale, un numero di rapporti part time superiori a quanto invece prevede la legge». Soprattutto, però, Cgil e Uil denunciano che i lavoratori degli uffici postali «sono abbandonati a se stessi, vessati e minacciati quotidianamente per una produzione sempre maggiore atta a portare benefici ai “capi” di turno. Quest’azienda ne paga un paio per “schiavizzarne” cento. Non esistono più regole, non esiste più contratto. Molti direttori degli uffici più grandi, sono costretti a fare gli sportellisti per mancanza di personale».
Da questo punto di vista, hanno sottolineato, i dipendenti sono ai limiti della sopportazione.
Ma lo sciopero di venerdì, per il quale hanno più volte chiesto scusa ai cittadini per i disagi che si registreranno, ha pure un rilievo e un obiettivo diversi. Quello di rilanciare la questione dei diritti fondamentali e della sopravvivenza del Molise.
In dieci anni nel comparto regionale si è persa la metà dei posti di lavoro. Gli addetti erano 1600, ora ce ne sono poco più di 800. «Stipendi certi che sono venuti meno e che influiscono negativamente sul già anemico Pil regionale. Sono stati portati via anche molti servizi assegnati ad altre regioni più “fortunate”. Ad esempio le pratiche di successione vengono lavorate in Puglia. In pratica, il Molise è stato fagocitato dalle regioni più grandi», hanno evidenziato Fiocca e Pascarelli.
Gli uffici dei centri minori aprono oramai a giorni alterni. La posta viene recapitata a giorni alterni. E non sono escluse ulteriori iniziative. A pagare sono i più deboli, «gli anziani che, per riscuotere le loro misere pensioni, sono costretti a file interminabili, da sopportare spesso in piedi. Proviamo ad immaginare se, come paventato, l’azienda decidesse di chiudere definitivamente anche alcuni uffici».
Una battaglia, dunque, «di tutti i molisani per i posti di lavoro e i servizi». Queste le parole di Boccardo, ribadite da Franco Spina: «Difendiamo l’occupazione e la cittadinanza».
Una scelta mai a cuor leggero, lo sciopero, per la quale i sindacati si aspettano aperture concrete da parte di Poste – non solo la convocazione di un tavolo per evitare lo sciopero – della politica.
Lavoro, Boccardo porta il conto «Mille posti in meno, si risale solo usando bene le risorse»
Mille posti in meno. La segretaria della Uil Tecla Boccardo porta il conto degli ultimi dati relativi all’occupazione in Molise. E indica la data, a cui fa riferimento, nel 1 gennaio 2017.
Dati, precisa, relativi ad aziende che hanno chiuso e quindi si tratta di posti di lavoro che non possono essere più recuperati. «Altro disagio sociale, altre famiglie che arriveranno alla soglia di povertà. E già oggi un bambino su dieci non riesce a mangiare un pasto caldo al giorno».
Situazione, evidenzia poi, destinata a peggiorare se si considera che ci sono ammortizzatori in scadenza che non potranno essere rinnovati.
Con le politiche occupazionali «si sono recuperati solo 660 posti, siamo fanalino di coda nel Sud».
Bisogna, dice quindi la segretaria Uil, far ripartire subito la macchina amministrativa e occuparsi di questi temi. Come se ne esce? «Spendendo presto e bene le risorse e ampliando la base produttiva per creare nuova occupazione. Se ne esce anche le imprese sociali: creiamo posti di lavoro, diminuiamo il disagio e la distanza tra ricchi e poveri».