Il giorno dopo è ancora peggio. Si deve metabolizzare qualcosa che era fuori dagli schemi mentali, ciò che non si sarebbe mai voluto ingurgitare. Ma purtroppo il calcio è come la vita e va affrontato di petto. Dunque, il Coni ha confermato l’esclusione del Campobasso e si è in attesa delle motivazioni. Ricordiamo che lo scorso 1 luglio era stata la Covisoc a dare parere negativo alla domanda d’iscrizione dei rossoblù, ratificato poi dal Consiglio Federale dell’8 luglio. Fino alla sentenza del Collegio di Garanzia del 18. Una serie di bocciature che hanno lasciato senza fiato la piazza rossoblù, ora giustamente delusa, anzi arrabbiata. Ma tecnicamente cosa succederà ora? La società ha già annunciato che ricorrerà al Tar del Lazio, cioè alla giustizia ordinaria dopo che quella sportiva ha sbattuto le porte in faccia. Le speranze sono ridotte al lumicino: nella migliore delle ipotesi si ripartirà dalla D con la stessa matricola societaria ma versando 300mila euro, con o senza l’attuale proprietà. Dura, durissima.
Ieri è apparsa sui social una nuova nota del club: «Il giudizio impietoso del Coni non ha estromesso dalla serie C un club di calcio. Ha cancellato dal calcio professionistico una città, una regione intera, un popolo. Una società che fino al giorno prima veniva considerata dalla Lega Pro un modello di fair play, equilibrio finanziario e lungimiranza. E che all’improvviso è diventata carne da macello su forte impulso proprio degli organi federali. Con i tanti giovani in organico, alcuni dei quali arrivati anche in serie A. Con il suo pubblico modello, un vero spot per il calcio». E con i suoi dipendenti, c’è da aggiungere, visto che si parla di circa una quarantina di persone che ruotano attorno al pianeta Lupi che all’improvviso sono rimasti senza punti di riferimento.
Si sottolinea che «tutto è stato vanificato da un cavillo. Come se lo sport fosse solo materia contabile. E il resto non avesse importanza alcuna. Chissà per quale motivo, poi. Politica? Interessi? Noi, questo, ancora non riusciamo a spiegarcelo. E ci chiediamo: se errore c’è stato (perché ora la parola, sull’argomento, passa alla giustizia ordinaria) su una norma non chiara, il calcio italiano è un mondo migliore e sicuro dopo l’esclusione del Campobasso? La risposta è no. E quello che è toccato al Lupo, domani potrebbe capitare a chiunque, ovvero ritrovarsi fuori. Fuori e basta. Poi, magari, se hai milioni di euro di debiti o non riesci nemmeno a partire, vieni iscritto regolarmente. È giustizia, questa? Le regole si applicano sempre o talvolta vengono solo interpretate? Dov’erano Covisoc, Figc e Lega Pro? Dov’erano i massimi esponenti federali?».
La reazione rabbiosa della piazza, ma assolutamente non violenta, ha scosso la proprietà: «Oggi siamo in ginocchio, inutile nasconderlo. Ci spezzano il cuore i sorrisi spenti di quei bambini che hanno colorato i gradoni di Selvapiana con il loro entusiasmo. Le lacrime dei tifosi che si sentono traditi. La delusione che si è trasformata in rabbia. E che sappiamo di dover accettare, perché è un gesto d’amore: come esultammo insieme quella magica notte di giugno, quando il nostro pullman rientrò da Rieti tra ali di folla, allo stesso modo siamo consapevoli che ognuno stia elaborando a modo suo la triste giornata di ieri. Ma proprio questo dolore ci accomuna ancora. E se il sentimento è veemente, è perché il progetto che stavamo sviluppando insieme era forte. Era il sogno della gente di Campobasso e del Molise. Ma anche di questa società. E siamo profondamente dispiaciuti che possa interrompersi».
E ancora, «di fronte a quella che riteniamo un’ingiustizia, però, non scappiamo né ci nascondiamo. Vogliamo reagire. Sappiamo che è dura, ma andremo fino in fondo affinché non venga depredato un patrimonio come la serie C. Se affidiamo il nostro pensiero ai social, oltretutto in forma tutt’altro che anonima, non è certo perché non intendiamo metterci la faccia, ma solo perché è il modo per raggiungervi più in fretta. Oggi non possiamo fermarci. Non possiamo lasciare spazio alle polemiche, ma solo continuare a combattere nell’interesse di tutti».
E agli abbonati cosa dice il patron Mario Gesuè? «Le risposte, quelle precise, le daremo appena sarà tutto chiaro. Cosa possiamo dire, ad esempio, ai nostri abbonati se non conosciamo ancora di quale livello sarà il nostro campionato? Aspettiamo e poi ragioniamo insieme. Sia chiaro: il confronto lo accettiamo sempre. Soprattutto se costruttivo. Nelle prossime ore, ad esempio, interloquiremo con il sindaco e con le altre istituzioni, a cui spiegheremo che andremo avanti con maggior forza. A breve interverremo con decisione e presenza anche sulla stampa. Siamo ancora vivi. Feriti, ma vivi. E non vediamo l’ora di rialzarci».

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