A rientrare nel Campobasso non ci pensa proprio. Anzi. Edoardo Falcione è un fiume in piena. Le ultime evoluzioni del Lupo non gli sono piaciute. Né ha gradito alcune recenti esternazioni di Aliberti. E così l’ex main sponsor rossoblù ha deciso di rompere il silenzio per raccontare la sua verità. Dopo mesi in disparte ha parlato ieri sera durante la trasmissione Molise Sport in onda su Teleregione. E non ha avuto peli sulla lingua.
“Un mio nuovo coinvolgimento in società? – ha esordito -. E’ una notizia errata. E non è certo la prima che ascolto”. E così ecco il resoconto di Falcione sull’ultima stagione: “La trattativa con Aliberti è nata a gennaio. Già dal secondo mese dello scorso campionato ci sono stati problemi economici e mi è parso inverosimile in quanto eravamo alla fine della campagna abbonamenti e doveva esserci liquidità. I conti non erano chiari e ogni volta che chiedevo di visionarli mi venivano mostrati dei fogli A4 scritti a matita. Avevamo chiuso il primo torneo di D con un passivo di 40mila euro e la situazione non ci sembrava insostenibile. Abbiamo deciso di tentare una squadra a vincere aumentando il budget di 100mila euro per sollecitare la piazza e puntare sugli incassi. Aliberti, in ogni caso, i conti li ha analizzati insieme a un professionista di sua fiducia per mesi. Mi sembra strano che la situazione non gli fosse chiara. Io la mia parte come sponsor l’ho fatta fino in fondo: in tre anni la Phlogas ha investito circa 800 mila euro compresi i 70mila euro per l’acquisizione del titolo del Campobasso 1919. E venivo peraltro da un paio di aiuti garantiti all’ex presidente Ferruccio Capone in momenti di difficoltà”.
Lei aveva promesso un appoggio ad Aliberti?
“No. Siamo andati a pranzo io, lui e il notaio Giordano. Si parlava di nuovi soci e ho chiesto che ognuno mettesse le garanzie sul tavolo per non correre il rischio di ritrovarci senza soldi ad annata in corso. Nelle ultime partite avevamo avuto delle difficoltà: c’era gente che mi chiamava tra ristoratori o gli stessi calciatori che avanzavano quattro stipendi. Aliberti parlava di ripescaggio e di squadra da allestire con 400mila euro: a mio modo di pensare non è una politica che può pagare a Campobasso. Non c’è mai stata alcuna stretta di mani tra di noi. Io chiedevo risposte sulla società, lui non me le ha mai date. E’ una persona di esperienza: sa che non bisogna piangere. La situazione è nota: o l’affronta o lascia perdere”.
La gente si avvicinerà?
“Un campionato del genere non interessa a nessuno. Con Cappellacci eravamo partiti per vincere e dopo alcuni risultati negativi non è venuto più nessuno allo stadio. In questa città non si può fare calcio in questo modo”.
Come è nata l’avventura in rossoblù?
“Ero reduce dall’esperienza di Trivento ma ero fermo. Giordano, con cui sono legato da una forte amicizia, mi ha avvicinato e mi ha trascinato in questo progetto. Il mio apporto doveva però diminuire con il tempo così da dare modo ad altri imprenditori di avvicinarsi. Invece si è fatto di tutto per far scappare chi era interessati. I nuovi, poi, non mi convincevano. Ed ecco spiegato il mio passo indietro”.
C’è qualcosa che non rifarebbe?
“Se avessimo saputo che i conti erano diversi un anno fa non avremmo forse permesso la gestione Cappellacci in pompa magna. C’è però da dire che eravamo anche partiti bene: c’erano settecento abbonati e diversi sponsor. Oggi magari la situazione è grave: ma con il mio apporto non sarebbe cambiato nulla”.
Il suo è un addio o un arrivederci?
“Un arrivederci. Ma di certo non a presto. Il mio sogno è rivedere una società tutta molisana”.
Cosa manca a questa città per emergere?
“I tempi sono quelli che sono. Ma di passione ce n’è poca. Il calcio è un fatto sociale, ma di certo non si può costringere nessuno.
Ad Aliberti cosa dice?
“Lui conosce bene la situazione in quanto l’ha studiata per mesi. Il calcio non lo prescrive certo il medico: se ci sono le condizioni si fa, soprattutto se si viene da fuori. Serve una mano, ma finora non l’ho notata. A Campobasso servono i fatti, non le consulenze. Bisogna risanare i debiti e allestire una formazione competitiva”.
E’ stato allo stadio a farsi un’idea di questo Campobasso?
“No, ho osservato solo alcuni highlights. Con due o tre innesti capaci di fare la differenza è possibile salvarsi tranquillamente. Alla fine è un girone che, tolto il Matelica, è abbastanza livellato”.