Ex sindaco della città capoluogo – uno dei primi in Italia per il Movimento 5 stelle –, poi candidato alla presidenza della Regione Molise e ora consigliere regionale a Palazzo D’Aimmo: Roberto Gravina racconta la sua verità sui recenti sviluppi a Palazzo San Giorgio, con uno sguardo rivolto alla nuova amministrazione guidata da Marialuisa Forte, e uno a ciò che sta accadendo in Regione su più fronti, a un anno dall’insediamento. Su tutti, la Gigafactory di Termoli e la crisi idrica che sta mettendo in ginocchio molti territori.
Consigliere Gravina, ormai è trascorso più di un anno dal suo insediamento in Consiglio regionale, ma non si può ignorare il suo peso politico nella città di Campobasso alla luce del mandato da sindaco svolto nel capoluogo. Cosa pensa dei recenti sviluppi a Palazzo San Giorgio?
«Penso che paghiamo una scelta iniziale miope per la politica della comunità cittadina. Miope perché sarebbe bastato mediare prima, e presentarsi agli elettori uniti sin dal principio, con un centrosinistra più compatto sulla falsariga dell’esperienza regionale. Del resto, il dato elettorale delle regionali, a Campobasso, era già promettente e se si fosse lavorato bene, sia nel portare a termine la nostra consiliatura comunale, sia nella formazione delle liste (uniti si sarebbe certamente avuto maggiore disponibilità nel creare liste forti), avremmo potuto vincere le elezioni al primo turno, con buona pace dell’anatra zoppa, dei “saltatori” e delle prime donne. Ne avrebbe guadagnato la politica, quella con la P maiuscola, a tutto vantaggio del recupero della credibilità e della lotta all’astensionismo».
In questi giorni si sono susseguiti numerosi interventi di vari esponenti del centrodestra circa il ‘salto’ in maggioranza di Giovanni Varra e Antonio Madonna. Può dirci, però, quali sono le voci nel suo schieramento?
«Nonostante lei parli di peso politico, dal momento in cui si sono chiuse le liste e si è svolto il primo turno, sono stato molto defilato e non ho partecipato né alle trattative con Costruire democrazia (e Cantiere civico), né alla fase successiva, compresa ovviamente quella più significativa – in termini politici – relativa al passaggio di Varra e Madonna nello schieramento di centrosinistra. Pertanto, non posso riportare voci che non conosco direttamente. Ed è meglio così».
Crede che quest’amministrazione possa reggere le pressioni dovute all’anatra zoppa?
«Credo proprio di sì. Mi preoccuperei, semmai, delle pressioni che si verificheranno con l’avvicinarsi della scadenza elettorale per le regionali. Vedo troppi interessi legati proprio alle elezioni regionali, fermo restando che se il ricorso presentato dal centrosinistra dovesse andare a buon fine, l’anatra zoppa sarebbe un lontano ricordo, oltre che un non problema».
Quali risultati si aspetta, al netto del lavoro svolto nella precedente consiliatura?
«Intanto che si porti a termine la mole di programmazione, oggi è in fase esecutiva, che riguarda non soltanto il Pnrr, ma molti finanziamenti che siamo stati capaci di intercettare oltre che di programmare e spendere. Già questo sarebbe un grande risultato, che restituisce giustizia al lavoro svolto dalla nostra amministrazione e ricollocherà alcune affermazioni della campagna elettorale nel novero delle “chiacchiere”. E poi mi aspetto una continuità di visione, che valorizzi le funzioni del capoluogo di regione ovvero capoluogo di servizi oltre che punto di riferimento per la cultura, per l’innovazione e per lo sport».
Quello delle scuole è stato un terreno di scontro politico abbastanza acceso, anche con il cantiere civico, prima del ballottaggio. Si può trovare un punto di caduta?
«A mio avviso, il tempo paleserà alcune verità. La prima verità ci sarà a breve, quando sarà reso noto l’esito dell’avviso pubblico per il reperimento di strutture da adibire a scuola che la sindaca Forte ha voluto per rispettare uno degli impegni assunti proprio con il Cantiere civico. E il punto di caduta, a mio avviso, è tutto racchiuso nell’esito di questa procedura. Credo che le scelte che abbiamo fatto da amministrazione, per quanto criticabili, fossero le uniche capaci di contemperare: equilibri di bilancio, capacità ricettiva degli studenti, idoneità strutturale e congestione del traffico. Gli equilibri di bilancio, perché per chi ha un po’ di conoscenza dei bilanci pubblici (e di quello del Comune di Campobasso), sa o dovrebbe sapere che le spese di locazione impattano sulla spesa corrente, già oggi molto ingessata; capacità ricettiva degli studenti, perché il numero di studenti coinvolti è talmente elevato da rendere pressoché impossibile una sistemazione nel centro città capace di ospitarli; idoneità strutturale, perché per le scuole esiste una normativa assai stringente tale da rendere inidonee quasi tutte le strutture esistenti, anche se riadattate; congestione del traffico, perché significa mobilitare un numero molto elevato di veicoli che rischierebbe di congestionare una parte del centro cittadino (sempre ammesso che esista una soluzione). Si comprende bene il disagio per famiglie e lavoratori della scuola, tra docenti e non, ma non possiamo continuare ad anteporre gli interessi di una parte rispetto agli interessi di una collettività futura, che dovrà poter godere di strutture nuove, innovative e sicure. Siamo pur sempre in un contesto territoriale e geologico altamente sismico e la prevenzione di cui si parla ciclicamente deve essere una priorità, senza contare che i parcheggi che si avranno con questo intervento, consentiranno di organizzare una nuova mobilità, con effetti positivi per il commercio e per la vivibilità del centro città».
Trasferiamoci sul livello regionale. Ultimamente si è occupato con insistenza di Gigafactory. Quali sono le ultime novità?
«Le novità sono poche (e ancora confuse). Ritengo che l’investimento a Termoli sia centrale per la sopravvivenza di quei territori in un momento storico nel quale la transizione energetica, seppur con dei rallentamenti, è inarrestabile. La Gigafactory di ACC è strategica per il sistema Paese oltre che per il PIL regionale, già tristemente noto per essere l’ultimo in Italia e pertanto non possiamo rischiare avere dei ripensamenti da parte degli investitori. Per questo, le iniziative che abbiamo assunto come M5S, al di là di interpretazioni permalose, non mirano certo a contrapporre ma semmai a favorire questo processo attraverso soprattutto le iniziative del governo nazionale. Chiedere che il governo sposi l’idea di finanziare maggiormente la joint venture di ACC o proporre un ingresso nel capitale, non dovrebbe essere motivo di scontro ma solo di riflessione, nell’ambito di una politica industriale dell’automotive che non lasci l’Italia e Termoli in balia dei desiderata esclusivi degli azionisti. E anziché replicare puntando il dito su ciò che si sarebbe potuto fare in passato, buttandola in caciara politica, i nostri parlamentari dovrebbero condividere il percorso proposto, perché molto differente da quello passato (Stellantis è una cosa, ACC è un’altra cosa; la Golden power è una cosa, peraltro non attivabile in operazioni intracomunitarie, l’aumento di capitale è altra cosa). Vedremo martedì, in Consiglio regionale, se prevarrà la linea di chiusura ad ogni suggerimento o iniziativa della minoranza o se tornerà il buon senso di condividere; per darle una idea di quanto mi interessi il risultato industriale (e non quello politico), sono disposto anche ad eliminare ogni simbolo di partito o movimento se questo può aiutare a distendere gli animi».
Altro argomento caldo, che tra riguarda da vicino anche la città di Campobasso, è quello dei trasporti: ci dica, com’è la situazione?
«Mi verrebbe da dire: e chi l’ha visto? Sull’argomento regna il totale silenzio e per questo abbiamo presentato una interrogazione molto semplice al fine di avere informazioni generali sullo stato dell’arte. Ad oggi, oltre ai problemi enormi del trasporto ferroviario, non si conosce nulla al riguardo e non sappiamo effettivamente chi ci sta lavorando, perché se è vero che la delega del trasporto è nelle mani del presidente Roberti, è altrettanto vero che da un anno a questa parte regna il più totale silenzio. Nel frattempo, Campobasso è ancora una volta da esempio visto che ha portato a termine il bando del trasporto pubblico locale, con ricadute che nei prossimi mesi vedremo sia in termini di miglioramento del servizio, sia in termini di efficientamento della spesa».
Venendo poi all’emergenza idrica: dopo il caso Campobasso, la questione è esplosa in tutta la regione. Cosa serve per cambiare rotta?
«È un problema complesso, che si scontra con altri problemi esogeni, primo tra tutti, quello meteorologico. Da un punto di vista interno occorre dare ordine e riorganizzare l’intero sistema idrico integrato. Da sindaco proposi sommessamente l’idea di superare il dualismo tra Molise Acque (fornitore) e Grim (gestore delle reti) puntando su una riorganizzazione che riconosca al gestore un ruolo centrale, snellendo l’apparato burocratico e sfruttando le competenze già esistenti. Spero che a breve, quella mia proposta, possa trovare spazio in Consiglio regionale, dove si è condiviso anche con la maggioranza, la necessità di discutere in un monotematico proprio del tema “acqua”.
E poi c’è il problema delle reti e dei controlli ovvero le perdite, sia fisiche sia amministrative. Ci sono circa 90 milioni da spendere per ristrutturare le reti e ridurre le perdite, oltre ai fondi del CIS acqua e a quelli per avviare la sostituzione dei contatori. Tutte misure che mirano, dunque, a ridurre le perdite di condotte assai vetuste e le perdite da mancati introiti per coloro che l’acqua non l’hanno mai pagata o che pagano meno del dovuto. C’è tanto da fare, insomma, ma serve anzitutto capire che se si vuole migliorare la situazione si deve investire nelle competenze e non nelle appartenenze politiche».
A un anno di distanza dall’inizio della legislatura, può tracciare in sintesi un bilancio dell’attività in Consiglio regionale?
«Bilanci impugnati e modifiche dello Statuto. Al di là di altre attività assai ordinarie, il Consiglio ha legiferato praticamente su aspetti legati alle impugnative dei bilanci degli anni passati e sulla riforma statutaria ovvero introduzione del doppio sottosegretario. Non c’è traccia di altri provvedimenti di una certa rilevanza per la collettività, se non l’aumento delle addizionali regionali. E non è detto che la quadra sia vicina perché è da tempo che si fa osservare che al di là della filiera istituzionale delle chiacchiere, questa regione aspetta ancora azzeramento del debito e decreto Molise, non le briciole per chiudere i bilanci. L’impressione è che ci sia più interesse a posizionare bandierine politiche che a risolvere problemi se non quelli degli appetiti della maggioranza».
ppm

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.